Terzo dei quattro libri tratti dai film alieni, ALIEN ³ è la novelization peggiore della serie, scritta da uno svogliatissimo Alan Dean Foster che per fortuna poi non ha più rovinato il mondo alieno.
La scheda:
ALIEN ³ (Alien 3, 1992) di Alan Dean Foster – Traduzione di Sofia Mohamed Hagi Hassan
Le edizioni:
- Romanzi Sonzogno, ottobre 1992
- Edizioni Club, gennaio 1993
La trama:
Il pianeta Fiorina è avvolto in una penombra cupa e inquietante, e attraversato dai cunicoli di un antico sistema di miniere che gli uomini hanno do tempo abbandonato. Ora è una colonia penale dove un pugno di sorveglianti tiene a bada una comunità di galeotti pentiti, assassini irredenti, maniaci religiosi. In questo mondo ai limiti della follia atterra la navicella di soccorso che ha salvato dagli orrori del pianeta Acheron il tenente Ripley e un gruppo di compagni. Per la bella Ripley le cose si fanno subito difficili: i suoi compagni di viaggio sono periti al momento dell’arrivo e nell’universo maschile di Fiorina una donna come lei non può non suscitare ondate di odio e turbamento. All’orizzonte si stagliano già due minacce: quella costituita dai disegni imperscrutabili della Compagnia di navigazione spaziale per lo quale Ripley ha lavorato e, più spaventosa ancora, quella annunciata da un’ondata di morti misteriose. Ancora una volta l’eroina più coraggiosa della fantascienza contemporanea dovrà affrontare la creatura più perfetta e letale che l’uomo abbia mai incontrato nel corso delle sue peregrinazioni attraverso i mondi: e scoprire che questa volta essa si è nascosta nel luogo più spaventoso e inimmaginabile.
L’incipit:
Brutti sogni.
Strana cosa, gli incubi. Sono come una malattia ricorrente. Una malaria della mente. Proprio quando pensi di averli sconfitti si ripresentano, cogliendoti di sorpresa quando sei completamente rilassato, quando meno te lo aspetti. E non c’è niente da fare. Proprio niente. Niente pillole, pozioni, iniezioni ad effetto retroattivo. La sola cura è un bel sonno profondo, ma proprio questo genera e alimenta la malattia.
Così cerchi di non dormire. Ma nello spazio non si hanno alternative. Evita la camera criogenica, e la noia su un’astronave nello spazio profondo ti ammazza. O, peggio ancora, c’è la possibilità di sopravvivere e ritrovarsi confusi e intontiti dopo essere stati inutilmente coscienti per dieci, venti o trent’anni. Un’intera vita sprecata a guardare le apparecchiature nella speranza di cogliere qualche mutamento nell’invariabile bagliore dei monitor. Si può leggere, guardare videocassette, fare ginnastica, e rimuginare su come sarebbe stato optare per il letargo per ammazzare la noia. Non sono molte le professioni in cui dormire sul posto di lavoro è raccomandato. Non è poi così male, dopotutto. La paga è buona e si ha la possibilità di osservare il progresso sociale e tecnologico da una prospettiva unica. Rimandare la morte non equivale all’immortalità, ma ad una temporanea imitazione della medesima.
L.
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Una svogliatezza già visibile nell’incipit, che nemmeno la traduzione riesce a nascondere… magari pure a Foster piaceva poco la piega presa dal franchise al cinema, dopo Aliens.
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A parte il primo Alien, non mi è mai piaciuto Foster: da ragazzo ho letto con grandissima difficoltà il suo Starman e non sono riuscito a finire Alien Nation. Per fortuna gli hanno tolto Alien: infatti il quarto romanzo è un capolavoro!
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