[1979-10] L’Alien di Ridley Scott su “Fantastic Films” 11 (1)

Prima parte della mia traduzione di questo articolo apparso sulla rivista specialistica “Fantastic Films” numero 11 (ottobre 1979).


ALIEN from the inside out
Ridley Scott (1)

di James Delson

da “Fantastic Films”
numero 11 (ottobre 1979)

Intervista esclusiva con il regista di “Alien”

Prima che iniziasse la sua carriera come regista cinematografico, un regista e produttore di spot televisivi di grande successo di nome Ridley Scott partì per New York e si incontrò con i dirigenti della William Morris Agency, la più prestigiosa agenzia di talenti del mondo dello spettacolo. Sebbene abbiano riconosciuto il talento di Scott, i loro dubbi sulla sua capacità di passare dalla pubblicità televisiva al cinema impedì loro di iscriverlo come regista cinematografico. «Ero divertito da questo fatto», racconta Ridley Scott mentre mangia in un ristorante della E.M.I./Elstree Film Studio in Inghilterra, nel maggio del 1979. «Era frustrante, perché sapevo che potevo fare il salto di qualità, ma sapevo anche che dovevo provarlo a me stesso prima che chiunque altro riuscisse ad accettarmi.»

Ci ha messo un po’ ad essere accettato, questo art director e fotografo 39enne dello Yorkshire, ma sembra essere valsa la pena di aspettare. Il giudizio sull’Alien della 20th Century Fox è stato così entusiasta che Scott è già considerato il nuovo Kubrick. Il confronto, sebbene un po’ prematuro, non è comunque balzano. Entrambi sono maniaci della perfezione, insistono per mettere mano su ogni aspetto della produzione del film, fanno anche da cameraman e tirano fuori perle di film. Sebbene questo sia solo la seconda pellicola, l’Alien di Scott ha la fattura di un thriller classico, del livello di Psycho, Lo Squalo, Non aprite quella porta e Repulsion. In più, ha eccellenti effetti speciali. Insieme allo sceneggiatore Dan O’Bannon, al produttore Gordon Carroll, al supervisore degli effetti speciali Nick Allder, al produttore associato Ivor Powell e ad un creatore talentuoso di arte fantastica come H.R. Giger, Scott ha creato ciò che si può solo chiamare come il primo grande ibrido di fantascienza: l’hardware/horror film.

Fantasic Films: Qual è stato il tuo rapporto con la fantascienza prima di Alien?

Ridley Scott: Anche da ragazzino ero fortemente attratto dagli effetti speciali, il mio cervello era sempre focalizzato in quella direzione, ma anche in tenera età non credevo nelle astronavi o nei mostri: c’era sempre una barriera. La prima volta che qualcuno è davvero riuscito a superare quella barriera è stato con 2001 (1968) di Kubrick. Stanley è il numero uno, il migliore del mondo. Prima di allora non ho mai, mai, mai, mai, mai avuto interesse nella fantascienza, anche con film come Ultimatum alla Terra (1951), perché guardavo gli effetti… e non mi facevano impazzire. Ma Kubrick sì, mi ha fatto impazzire.

“2001” sembra essere il momento in cui è iniziato il cinema di fantascienza di qualità.

Non era più “fanta”, andò oltre e creò la realtà: è stata una meravigliosa transizione. Quello che sto cercando di fare e di mettere nel mio prossimo film è il punto in cui la fantasia diventa realtà.

Cosa ti spinge a fare film?

L’insicurezza. Tendo a guardarmi sempre alle spalle. In un certo senso l’insicurezza è un requisito fondamentale in certi lavori: è come il tuo carburante.

Qualcuno ha detto che “I duellanti”, il tuo primo film, è tecnicamente eccezionale ma ha una storia povera di fondo.

Molti hanno criticato la storia, dicendo che non era forte abbastanza per supportare i personaggi. Molti altri hanno pensato che i personaggi potevano essere approfonditi meglio, e che si poteva spiegare meglio il motivo per cui combattevano. Questo vuol dire che hanno del tutto frainteso il punto della storia. Così ho sempre evitato l’argomento.

Malgrado non sia andato bene alla sua uscita, poi ha conquistato un largo seguito.

Credo che la Paramount non sapesse come gestirlo. Ha vinto un buon premio a Cannes e avrebbero potuto distribuirlo rapidamente, usando quella vittoria per generare interesse. Invece sembra abbiano preferito considerarlo – esito ad usare quella parola – “arte”. È così che l’industria cinematografica chiama un film che non guadagnerà molto. Così lo lasciarono in magazzino per otto mesi prima di distribuirlo in America.

Insomma, il film è costato solo un milione e mezzo di dollari, ne avrebbero sicuramente recuperati cinque o sei, il che avrebbe rappresentato un buon profitto.

Ma all’epoca la Paramount faceva cinque o sei milioni a settimana con la distribuzione in sala de “La febbre del sabato sera”. Immagino che non volessero distogliere l’attenzione distribuendo “I duellanti”.

Sono un po’ seccato da questo, e non ho mai visto alcun profitto da quel film: uno si aspetterebbe di guadagnare almeno qualcosa, da un progetto a cui ha dedicato un anno di vita.


Tristano e Isotta
(progetto mai realizzato, 1977)

Qual’è stata la tua mossa successiva?

Be’, avevo un contratto con la Paramount per fare altri due film. Mi chiesero cos’avrei fatto dopo, e dissi loro che volevo fare una versione filmica della leggenda celtica di Tristano e Isotta.

Come un racconto storico? Il Medioevo in salsa Scott?

All’inizio sì. Si sono dimostrati subito interessati e mi hanno dato sui 150 mila dollari per sviluppare il progetto – scriverlo, fare ricerca e così via. Mentre lo sceneggiatore stava preparando il copione, finalmente riuscii a sedermi per la prima volta in cinque anni e iniziai di nuovo a fare l’art director, buttando giù schizzi di come pensavo il film dovesse apparire.

Cosa hai usato per le ricerche?

Ogni tipo di libro di storia e, con gran divertimento, “Heavy Metal” e “Metal Hurlant”.

Per le armature e i costumi?

Sì, ma anche per il mondo fantastico. Volevo fare Tristano e Isotta come un fantasy, con elementi di Guerre Stellari, Conan, Moebius e tecnologia moderna fusa con le leggende celtiche.

Il tuo approccio è stato quello di prendere la via del fantasy invece di quella dei cavalieri in armatura scintillante?

C’erano quattro influenze principali: il romanzo Dune di Frank Herbert, i fantastici fumetti di “Arzach” di Moebius, che davvero è Dune, credo che anche lui lo ammetta, il film Lawrence d’Arabia di David Lean e Guerre Stellari di George Lucas. Ho pensato che Tristano e Isotta potesse essere grandioso se avessi potuto usare questi quattro elementi insieme.

Cosa ti ha spinto ad abbandonare l’idea della storia d’amore medievale?

Guerre Stellari. Ho visto 2001 ed è stata davvero la prima volta che la fantascienza mi ha fatto effetto: be’, Guerre Stellari è stata la seconda. In un modo o nell’altro, ha cambiato il mio film e la mia vita. Non riuscivo a credere che fosse così reale. Ho pensato: «Gesù Cristo! Cosa sto facendo? Come oso sviluppare Tristano e Isotta come una leggenda celtica?» Capii che nella mia mente stavo semplicemente sperando per il meglio, che cioè la gente apprezzasse il mio modo di raccontare la storia. Guerre Stellari ha mandato tutto all’aria e ha ampliato la mia prospettiva sul modo in cui Tristano e Isotta dovesse essere sviluppato.

Qual’è stata la reazione della Paramount al tuo cambio di prospettiva?

Be’, all’inizio ho un po’ esagerato. Prendi il drago, per esempio. Nella leggenda Tristano incontra il classico drago, ma quello che io volevo fare – è la prima volta che lo dico a qualcuno, quindi parlo a voce bassa – è trasformare quel drago. Tristano trova una spada nella roccia e la estrae, ma la spada era in realtà una leva che azione un missile balistico intercontinentale: questo parte ed esplode a mezzo miglio da Tristano che guarda tutto stupito. È quasi biblico.

E la Paramount non era d’accordo?

Erano confusi: semplicemente non volevano una cosa del genere. Hanno detto: «Torna al tavolo da disegno». Ed io accettai di non esagerare in quel modo.

Ti sei poi presentato con gli schizzi che vediamo in queste pagine?

Sì, una sorta di mondo al di là del tempo e dello spazio, un posto astratto in cui qualsiasi cosa può esistere. Lo stesso rimanevo attaccato all’idea del cavaliere in armatura.

Due elementi sono evidenti da questi schizzi: le armature giapponesi e quelle norrene.

Be’, l’influenza norrena è sempre stata lì, ma l’armatura giapponese è venuta fuori dalla mia voglia di fare cose che sembrino di un altro mondo. Stanno bene insieme. Questo dà l’idea del design di Tristano e Isotta. Alcuni dei dipinti sono andati persi o messi in sicurezza.

Messi in sicurezza? Intendi protetti contro i plagi?

Sì. Alcune delle idee sui macchinari e alcune immagini non possono ancora essere mostrate.

Puoi parlarne?

Sarebbe meglio di no, a questo punto.

Allora vediamo altri esempi.

Ho voluto usare questa sorta di personaggi dal Sudan, molto alti, molto magri, molto neri e molto forti. In effetti, al momento di fare Alien l’uomo che recita nel costume della creatura, un tizio chiamato Balagi, assomiglia esattamente a questo.

Che ruolo hanno questi personaggi nella storia?

Vivono nella giungla ed hanno lingue di salamandra. Vivono come insetti. Immagina un tizio di alto più di due metri che se ne sta fermo, tranquillo, poi d’un tratto whap! e afferra una mantide da una foglia lì vicino, portandosela alla bocca.

Gli animali in questi disegni sembrano come uno struzzo su un cammello. Come avresti poi caratterizzato questi personaggi?

Avrei utilizzato le armature con Re Struzzo e fatto poi qualcosa al cammello. Ecco Tristano e Gorvinal che cavalcano attraverso il paesaggio.

E hai fatto tutto questo da solo?

Giusto per dare un’idea ai production designer di cosa volevo. A volte ho un po’ esagerato. Prendi questo, per esempio. Queste sono rocce che fluttuano in aria ogni tramonto e alba. Semplicemente se ne stanno sospese. Ora, farne una o due è una cosa fattibile, ma così tante costerebbe una fortuna. Vedi ora la piccola creatura bianca? Conosci il lavoro dell’artista Froud? Strana forte, la sua roba. Be’, quello avrebbe una parte in Tristano. Non so ancora come faremo funzionare queste cose, ma funzioneranno bene insieme.

La figura a sinistra è una specie di robot?

No, è ciò che chiamiamo prete Nitsilic. È condannato a rimanere saldato nella sua armatura perché è così che hanno ucciso il martire originale. Lo hanno saldato nella sua armatura e l’hanno legato nella sabbia. Quindi loro ora se ne vanno in giro nelle loro armature. Sono come giornali, se li paghi ti daranno delle notizie locali che potrebbero essere vecchie di dieci mesi.

Quel disegno è basato su un’armatura cinese?

Sì. Ciò che cercavo di fare in Tristano e Isotta era di buttare in scena un sacco di cose, tutte però legate alla storia. Dicevo alla Paramount, «Guardate! Questo mondo è meraviglioso! E metà della roba ce l’avete già!»

Questi sono fari?

Sono avamposti di contatto, posizionati ad un intervallo di qualche miglio sulla costa come un primitivo sistema contro le invasioni dal mare.

Alcuni personaggi sembrano davvero nello stile di Moebius.

Ha avuto grande influenza su Tristano. Su Alien l’ho messo a lavorare sui costumi dell’equipaggio che poi John Mollo (Guerre Stellari, Barry Lindon) ha fatto per noi.

Gli avamposti di contatto sono lì per controllare le navi?

Be’, le navi stanno arrivando. Ed eccole.

Sembrano un incrocio fra un castello di legno giapponese e una nave vichinga.

Sono nate per ricordare entrambi. Enormi navi che attraversano il mare aperto. Portano molti guerrieri e anche i loro cavalli.

L’armatura è un ibrido fra quella di un vichingo e quella di un samurai, giusto?

Probabilmente verrà cambiata. Quando è uscito Guerre Stellari c’è stata in giro un’esplosione di temi di samurai, specialmente riguardo Vader. Credo che il mio cattivo gli somigli troppo. Alla sinistra del samurai c’è un braciere che lo tiene al caldo. In dettaglio puoi vedere le piccole placche che formano l’armatura. Le puoi vedere anche in Alien come placche sulle tute spaziali.

Ora saliamo a bordo per incontrare il tuo cattivo?

L’ho dovuto buttare fuori: era troppo uguale a Vader. Ma puoi vedere da dove derivi il suo elmetto: è un vero reperto norreno. Ma era troppo scuro sotto quell’elmetto.

Eccoci sul ghiaccio.

Siamo andati in Islanda per trovare location per il film e ci sono venute alcune idee. Questi sono cavalieri e le loro divise sono tutte ossa e piume. Stanno cacciando sul ghiaccio questo enorme tricheco da cinque tonnellate. Proprio a destra puoi vedere una piccola barca: lì c’è il corpo di Tristano che vaga per il ghiaccio.

Sembrano degli astronauti.

Be’, questo schizzo è dove ho avuto l’idea degli sbuffi di vapore che ogni astronauta provoca mentre cammina, usata poi per Alien.

(continua)


L.

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6 pensieri su “[1979-10] L’Alien di Ridley Scott su “Fantastic Films” 11 (1)

  1. Quanto mi piace la grafica di questi vecchie riviste! Mi sembra di ritornare indietro nel tempo quando mi isolavo per ore a leggere e la mia fantasia spiccava il volo.
    PS: c’è un probabile refuso nel titolo del progetto mai realizzato: Tristano e IsoLAtta?

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      • Alla commozione/esaltazione riguardante queste riviste ovviamente mi associo anch’io 😉
        Per il resto, quanto avrei voluto che Ridley avesse continuato a leggerli i fumetti (specialmente quelli alieni)…
        P.S. Un Tristano e Isotta al di là dello spazio e del tempo l’abbiamo poi visto comunque, alla fine, anche se in una versione differente rispetto alla visione Scottiana: Krull, di Peter Yates 😉

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