ALIENS versus BOYKA 3: Dead Or Alive (fan fiction) 5

Quinta puntata della nuova fan fiction per omaggiare l’uscita (eternamente posticipata) del terzo prodotto Millennium Films con protagonista il lottatore interpretato da Scott Adkins.
Per evitare di “bruciare” i colpi di scena, l’elenco di tutte le fonti che cito lo stilerò solo alla fine della storia.

ALIENS versus BOYKA 3:
Dead Or Alive

5

Un mese prima

«Sarebbe questa la macchina che vincerà il DOA Race?»

Il disprezzo nella voce di Eve era stemperato dalla sua espressione divertita, come se in fondo provasse un certo divertimento ad insultare il duro lavoro di Lucas. Non era stato facile costruire un’auto a tecnologia basica e con assenza totale di informatica, quasi una bestemmia nei confronti dei livelli di alta qualità raggiunti dalle industrie automobilistiche più prestigiose: i pezzi di ricambio erano ormai quasi introvabili o peggio ancora in mano a collezionisti poco disposti a cederli. Non erano certo problemi di Lucas, lui si limitava a chiedere i pezzi di cui aveva bisogno e gli assistenti che la Yutani gli aveva affiancato dovevano fare il resto: il pilota ipotizzava che per costruire un’auto così essenziale, semplice, che sul mercato valeva zero, fosse stata spesa una cifra vergognosa. I collezionisti cedono solo davanti ai soldi. Tanti soldi.

Lucas fermò la sua auto davanti ad Eve. Tornava dall’ennesimo attraversamento a velocità di crociera del percorso accidentato che gli era stato affidato come prova. Era inutile correre, preferiva procedere con calma e analizzare bene la strada: per correre ci sarebbe stato tempo.

Da un giorno all’altra si aspettava l’arrivo della donna, alla scadenza del tempo fissato, quindi non era sorpreso e soprattutto non voleva dare alla sua carceriera la soddisfazione di mostrarsi agitato dalla sua presenza: quello era il giorno decisivo e voleva gustarselo, non subirlo.

Uscendo lentamente dall’auto Lucas squadrò velocemente Eve, ma non la donna in sé: più che altro l’auto sul cui cofano lei era appoggiata. «Quella sarebbe la tua auto?»

Eve lo aveva fissato divertita per tutto il tempo. «Noto con piacere che continui ad esprimerti a domande. Non ci vediamo da più di un mese, sono venuta qui e, secondo il contratto che abbiamo firmato, sono pronta ad essere uccisa da te in corsa, o almeno a divertirmi nel vederti provare… e non mi dici neanche “ciao”?»

Lucas chiuse la portiera e si appoggiò al cofano imitando – o meglio scimmiottando – la posa della donna. «Ciao. Quella sarebbe la tua auto?»

Eve sorrise. «A quanto pare non ho speranze di superare la barriera linguistica che ci separa.» Batté con la mano sul cofano. «Questa schifezza è l’auto che gli ingegneri Yutani hanno studiato seguendo le nuove regole del DOA Race. È come se ad un ingegnere nucleare chiedessero di costruire un mouse: alla fine ci riesce, ma il risultato non è dei migliori. Gli ingegneri della Casata sono i migliori in circolazione, quindi se loro falliscono gli avversari faranno peggio, ma capisci che puntiamo molto su di te. Sulla carta jolly.»

Lucas si frugò lentamente in tasca ed estrasse un mozzicone di sigaretta. Se lo portò alle labbra ed iniziò a cercarsi in tasca dei fiammiferi. «Se puntate tanto su di me perché avete costruito un’auto vostra mentre io costruivo la mia?»

«In questo consisterà la gara di oggi: metteremo a confronto il meglio che sanno fare i nostri ingegneri con il meglio che sai fare tu, cioè la feccia. La mia tesi è che la tua auto, guidata da te, farà risultati migliori e sbaraglierà gli avversari. Perché scendere di livello lo possono fare tutti, ma non raggiungeranno gli stessi risultati di chi ci vive, al livello più basso… Ma stai fumando una dannata sigaretta vera

Con fare plateale Lucas aveva acceso la sigaretta con un fiammifero ed ora stava emettendo lentamente fumo dalla bocca. «Non sapevo quanti insulti avevi ancora da lanciarmi, così ho pensato di rilassarmi.»

«Sai che le sigarette elettroniche WY sono le migliori in circolazione? Almeno a quanto mi dicono, visto che non ho mai fumato.»

«Non lo sapevi che la feccia fuma sigarette vere? A noi, dei livelli bassi, non piace la tecnologia, né i chip che la Weyland-Yutani infila nelle sigarette per controllarne l’uso.»

Eve rise di gusto. «Un vero uomo dei boschi, non potevo incontrare di meglio. Magari credi anche alla leggenda dei chip impiantati sottopelle alla nascita.»

Lucas sbuffò altro fumo e fissò Eve. «Quindi mi stai dicendo che la Compagnia non inserisce chip nelle sigarette elettroniche per controllare i gusti dei fumatori? Non credo alle leggende, ma al marketing sì.»

Eve sostenne lo sguardo, finché non sbottò a ridere. «Non mi occupo di marketing, ma ora te la faccio io una domanda: dove accidenti hai trovato quella sigaretta? Le mie spie mi informano che hai vissuto come un monaco, questo mese, non hai chiesto nulla né cercato nulla: fumo, alcol, donne, uomini. Niente. Ho pensato davvero di aver trovato un santone dei boschi, ma ora stai fumando…»

Lucas sorrise. «Le tue spie hanno detto bene, non ho chiesto niente… a loro. Ma un garage è un porto di mare, soprattutto se per giorni e giorni arrivano pezzi di ricambio portati da appassionati e collezionisti. Non sai quante sostanze avrei potuto assumere, se avessi voluto: sei fortunata che mi concedo giusto una sigaretta. Anche se sarebbe stato meglio fumarla dopo…»

Eve sapeva che era un aggancio, ma non resistette. «Dopo cosa?»

«Dopo averti fatto il culo», rispose Lucas senza alcuna inflessione nella voce.

La risata della donna fu sincera. «Ti prego, dimmi che lo farai sul serio, perché scoprire che sei solo un pallone gonfiato sarebbe troppo doloroso per me.»

I due rimasero a guardarsi per qualche secondo. «Proprio perché non sono un pallone gonfiato voglio mettere in chiaro una cosa», disse Lucas. «Come hai detto, con molte più offese, sono un uomo semplice, a bassa tecnologia, nato e cresciuto in una zona rurale. Sono la feccia che cerchi, ne convengo, ma sono anche un uomo di parola: è l’unica merce che conta da dove vengo io.» Fissò la donna con sguardo serio. «Se dico che ti ucciderò in corsa… vuol dire che ti ucciderò in corsa.» E gettò via il mozzicone consumato di sigaretta, con fare teatrale.

Eve sostenne il suo sguardo serio, poi si alzò dalla macchina e gli si avvicinò lentamente. Quando i due volti furono a pochi centimetri di distanza, la bocca della donna si trasformò in un sorriso. «E quando io dico che sarà un piacere vederti provare… vuol dire che sarà un piacere vederti provare.»

~

Le due auto partirono sfrecciando, lasciando al loro posto solo una nuvola di polvere.

Aver spostato la competizione da un circuito asfaltato ad un percorso su strada sterrata voleva dire tener conto di molte più incognite, dalla scarsa aderenza delle gomme alla polvere che poteva impedire la visibilità. Saper calcolare queste incognite non voleva dire controllarle.

Alla fine del rettilineo che apriva il percorso le due auto erano ancora alla pari, anzi quella di Eve stava leggermente superando in velocità l’altra. «Non mi stai stupendo, uomo dei boschi», disse la donna.

Lucas la sentì nelle cuffie. Quella “tecnologia” non era accettata nella competizione ufficiale ma ora stavano giusto facendo una gara fra di loro, e la donna aveva insistito per rimanere in contatto con lui. «Ti sei fatta costruire un carro armato, è naturale che vai veloce», rispose il pilota mentre la sua auto rimaneva sempre più indietro. «Comunque il mio obiettivo non è quello di stupirti…» Arrivò la prima curva e l’ingombrante veicolo di Eve la prese larga, mentre la snella auto di Lucas la dominò senza problemi, superando l’avversaria. «È quello di farti il culo.»

Durante il nuovo rettilineo l’auto di Eve rimontò in velocità e si avvicinò sempre di più a quella di Lucas, fino a tamponarla. «Per ora sono io a contatto con il tuo culo», disse ridendo la donna. Lucas non rispose, si limitò a scartare sulla sinistra e a rallentare fino a ritrovarsi dietro Eve: con l’arrivo di un’altra curva e di un’altra manovra “lenta” della donna, il pilota la superò di nuovo sulla destra. Un gioco inutile, portato avanti solo per sbeffeggiare l’avversaria.

«Spero che non farai questa roba anche in gara», disse Eve, con voce palesemente seccata.

«Sì, se gli avversari saranno così stupidi da costruirsi macchine grosse e impacciate coma la tua.» Iniziava una serie di curve che l’auto di Lucas gestì alla perfezione, mantenendo una velocità costante.

«Gli ingegneri sono convinti che un circuito così accidentato abbia bisogno di un veicolo resistente, corazzato il più possibile», disse la donna.

Lucas ormai stava aumentando sensibilmente la distanza da Eve. «Le curve non hanno bisogno di corazza.»

D’un tratto un tonfo sul cofano spezzò il fiato dell’uomo.

Eve capì, anche a distanza. «Le curve no… ma loro sì!»

Un enorme xenomorfo nero era piombato sul cofano dell’auto di Lucas e, aggrappandosi con gli artigli ai lati, stava sibilando sul parabrezza. «Questo non era previsto!» cominciò a gridare il pilota.

«Dici di aver sempre seguito il DOA Race in TV, quindi sai benissimo che gli alieni sono parte integrante della corsa.»

«Questa non è la corsa vera, è una gara di velocità tra me e te.»

«Mai parlato di “gara di velocità”, uomo dei boschi: devo sapere se sarai in grado di gestire le situazioni sotto stress della corsa.»

Lucas cominciò a sterzare lentamente per far vibrare l’auto a destra e a sinistra senza perdere troppa velocità, ma l’alieno era troppo ben saldo sul cofano per lasciarsi sbalzare via. «Ammazzarti una volta sola sarà davvero poco», gridava il pilota nel microfono, mentre Eve rideva.

Nello specchietto retrovisore Lucas vide che l’auto della donna si stava avvicinando in corsa: aveva affrontato le curve in modo terribile, ma ora stava recuperando in fretta. E non aveva xenomorfi di cui doversi occupare.

Il pilota vide che Eve stava spostandosi a sinistra per cercare di superarlo, e visto che l’alieno non aveva alcuna intenzione di mollare la presa ed anzi stava preparandosi ad infrangere il parabrezza, decise di frenare. Schiacciando il pedale con ogni muscolo del suo corpo.

L’auto inchiodò tanto da trasformare gli pneumatici in nuvole di polvere e fumo, e la differenza di velocità fu tale che l’alieno fu sbalzato via dal cofano, rotolando sulla strada. La velocità e il vantaggio accumulati da Lucas erano irrimediabilmente persi, ma aveva calcolato il momento giusto per fermarsi… e la posizione giusta: era impossibile per Eve, che stava arrivando dietro di lui a tutta velocità, evitarlo. Lucas diede gas un secondo prima che l’auto dell’avversaria lo travolgesse da dietro, dandogli la spinta necessaria a riacquistare velocità e a travolgere lo xenomorfo con spinta sufficiente da sbalzarlo via senza provocargli fuoriuscite di sangue acido.

«Sei un dannato pazzo!» gridò Eve. «Con questo scherzo ti sei fatto sfondare mezza auto.»

«Non mi serve arrivare sano al traguardo, mi basta arrivarci.»

«Adesso hai capito perché sarebbe stata meglio un’auto corazzata? Ti sono venuta addosso a tutta velocità e non ho che qualche graffio. In gara gli avversari non saranno così gentili come me: faranno di tutto per massacrarti e farti volare fuori strada.»

Grazie ad una serie di curve, affrontate tutte in derapata, Lucas stava tornando ad acquisire vantaggio su Eve. «Immagino che tu non abbia riconosciuto l’auto che ho costruito, con i soldi della Yutani.»

La donna non si aspettava questa domanda, anche perché era intenta a non perdere troppa velocità nelle curve. «Evidentemente no.»

«È una Ford Mustang, ma magari a voi che vivete fuori dalle fogne non dice niente questa marca.»

«Al momento sono un po’ occupata a raggiungerti, ma se vuoi perdere tempo e concentrazione a parlare fallo pure…»

Ignorando il sarcasmo della donna, Lucas continuò. «È la prima auto ad aver vinto un DOA Race, anche se all’epoca il nome della competizione era diverso. Potete mettere in campo tutti i computer che volete, potete costruire carri armati resistenti a tutto, ma la vostra preziosa gara è nata sul puro talento a bassa tecnologia.»

All’improvviso sulla strada comparve un altro alieno, ma stavolta Lucas non si fece cogliere impreparato. Sterzata improvvisa, freno a mano e l’auto iniziò un rapido testacoda, un giro su se stessa di cui il pilota riprese il controllo una volta tornato dritto sulla strada. Nel frattempo, nel suo giro l’auto aveva colpito l’alieno con la parte posteriore, scalciando via il mostro grazie alla velocità acquisita. Velocità che ora Lucas doveva recuperare in breve tempo.

«Continui a fare giochetti ammazza-velocità», sentì la voce di Eve nelle cuffie. «Sei bravo, te lo concedo, ma questa roba non va bene per il DOA Race.»

Mentre parlava l’auto della donna iniziò a superare quella di Lucas, che aveva perso velocità per liberarsi dell’alieno. Il pilota aspettò che l’avversaria iniziasse il suo passaggio a sinistra e poi sterzò in quella direzione: la sua Ford Mustang non poteva certo fare danni al veicolo corazzato di Eve, ma a quella velocità bastava una piccola sbandata per mandarlo fuori strada. La donna si ritrovò d’un tratto fra gli sterpi che costeggiavano la strada mentre Lucas sfrecciava via riacquistando velocità.

«È così che cerchi di farmi fuori?»

«È così che mi assicuro di arrivare al traguardo prima di te.»

Eve rientrò in carreggiata e ricominciò la sua corsa, non esplosiva ma inesorabile. «Il fatto di essere davanti a me non mi basta, uomo dei boschi: non hai promesso di vincermi, hai promesso di uccidermi.»

«Fottuta squilibrata», bisbigliò il pilota, senza ricevere risposta.

Finché il percorso consisteva solo in curve non c’era problema, lo stesso per i tratti boschivi, ma ogni volta che con la coda dell’occhio Lucas vedeva un alieno – probabilmente fuoriuscito da gabbie sistemate durante il percorso – la situazione si faceva dannatamente seria. La sua auto probabilmente non era in grado di subire un attacco a piena forza di uno xenomorfo, le lamiere leggere si sarebbero contorte sotto gli artigli potenti dell’essere, ma non poteva ogni volta perdere tempo ad evitare gli attacchi. L’unica cosa che poteva fare in questo momento era correre più veloce dei mostri… e non era facile, in un percorso così accidentato.

Riuscì a sfuggire ad uno xenomorfo su rettilineo, sorpassandolo e sgommando fino a seminarlo, ma quando in una curva all’interno di un bosco se ne trovò davanti due… capì che doveva assolutamente inventarsi qualcosa.

Frenò di scatto prima che i mostri potessero raggiungerlo, perdendo non solo tutta la velocità ma iniziando a procedere in retromarcia. «Eh no, bello mio», gli disse Eve nelle orecchie. Arrivando a tutta velocità stavolta fece in tempo ad evitarlo e a superarlo a sinistra, proprio mentre Lucas ripartiva a tutto gas. Il risultato fu che il pilota si attaccò in scia all’auto di Eve mentre questa procedeva a tutta velocità fra gli xenomorfi: la sua corazza se ne fregava dei mostri e li investiva senza problemi, facendo giusto attenzione a non schiacciare il sangue acido con gli pneumatici.

«Davvero?» gridò la donna. «Vuoi usarmi come scudo contro gli alieni?» Un tonfo indicò un altro mostro che provò ad espugnare l’auto corazzata di Eve senza successo. «Sarebbe questa la tua strategia?»

Il traguardo era ormai vicino ed Eve era seccata. Lucas era ancora dietro di lei e probabilmente all’ultimo secondo l’avrebbe superata contando sulla maggiore velocità dell’auto, ma quella vittoria stentata non era ciò che cercava. Voleva qualcuno che la stupisse e il pilota non l’aveva fatto. Forse pretendeva troppo, in fondo era sopravvissuto fin lì e questo era già un risultato per nulla scontato.

Lucas si spostò dalla scia dell’auto di Eve e iniziò il sorpasso, fino ad affiancarsi alla donna. «Siamo partiti affiancati ed arriviamo affiancati, buffo no?»

La donna si voltò a fulminarlo con gli occhi. «Mi hai molto deluso: rimanere in vita non fa di te un campione.»

Lucas la guardò serio. «Per noi feccia “campione” è quello che taglia il traguardo, se per voi ricconi vuol dire altro avresti dovuto specificarlo.»

«Non hai ancora tagliato il traguardo, e soprattutto io sono ancora viva: finora quindi non hai combinato ancora niente.»

Lucas la fissava cercando di capire quella donna che continuava a sfuggirle: davvero era seccata perché non aveva provato ad ucciderla? Possibile la Yutani si affidasse ad una folle di quel genere? «Sai perché nelle corse clandestine nei bassifondi i partecipanti cercano di farsi sfondare subito qualche parte dell’auto?»

«Sento che stai per dirmelo», rispose sarcastica la donna, guardando la strada davanti a sé mentre il traguardo era sempre più vicino, con la sua bandiera sospesa tra due aste.

«Per avere subito qualcosa di appuntito e sporgente da poter usare contro gli avversari». Con una rapida sterzata contro l’auto di Eve, Lucas fece in modo di colpirla con il proprio posteriore distrutto, con le lamine piegate che fuoriuscivano. Lamine che colpirono una delle ruote posteriori dell’auto avversaria, dilaniandola.

Eve perse subito il controllo dell’auto, anche se riuscì a non farla sbandare, ma divenne più difficile contrastare la spinta che Lucas cominciò ad applicarle: premendo con la sua auto la stava mandando fuori strada… proprio contro il muro che delimitava la zona del traguardo.

L’auto di Eve era ormai chiaramente diretta contro la parete e la scelta di tempo di Lucas era stata perfetta: frenare non era più una soluzione efficace, visto che si trattava di frazioni di secondo. Un secondo prima e alla donna sarebbe stato sufficiente schiacciare il pedale del freno, invece ora era troppo tardi. Le rimaneva giusto il tempo di voltarsi verso Lucas e scoprire gli occhi di fuoco con cui la stava fissando. Nelle frazioni di secondo che le rimasero, Eve abbozzò un sorriso alla volta dell’uomo… prima che l’impatto contro la parete trasformasse la sua auto in una bolla di fuoco.

Lucas tagliò il traguardo a tutta velocità e iniziò a frenare facendo roteare l’auto su se stessa. Una volta fermo, scese e cominciò a correre verso il punto dove l’auto di Eve si era distrutta contro la parete, in un ammasso di lamiere e mattoni. Guardava la scena come sotto l’effetto di una droga: non poteva essere vera, non poteva esserci riuscito sul serio. Per quanto avesse aspettato l’ultimo secondo, per quanto l’avesse messa alle strette, quella donna non poteva essere andata incontro ad una morte annunciata con il sorriso sulle labbra.

Lucas si fermò quando il calore delle fiamme che avvolgevano l’auto dell’avversaria si fece insopportabile. Si trovava in mezzo al nulla, non sapeva chi chiamare, non sapeva come chiamare qualcuno: si limitava a rimanersene immobile a fissare le fiamme con la bocca aperta… spalancandola ancora di più quando vide qualcosa muoversi.

Le lamiere si scostarono mentre una forma scura, avvolta dalle fiamme, fuoriusciva dall’auto. Davanti allo sguardo allibito e gelato di Lucas, la donna si alzò dalle rovine infuocate della sua auto e gli si fece avanti. Con il corpo ancora ardente delle ustioni e i capelli ancora avvolti dalla fiamme.

Una voce profonda e rauca uscì da quel corpo.

«Chiedimi di nuovo perché mi chiamo Forever…»

(continua)

– Altre puntate:

6 pensieri su “ALIENS versus BOYKA 3: Dead Or Alive (fan fiction) 5

  1. Ormai sono allineatissimo, letto ieri il capitolo quattro, mi piace proprio come riesci a scrivere i dialoghi giusti per i personaggi, poi si vede che hai coltivato negli anni la passione per la “Frase maschia” piazzata al momento giusto 😉 Cheers

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  2. Povero Lucas: in fondo, su Forever lui non poteva proprio avere quelle informazioni che invece sono già in possesso del lettore scafato. O meglio RUCKAto, dovrei dire 😉
    Ah, vedo che hai fatto scendere in pista gli xenomorfi… 😉

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