Già ho raccontato di come la serie televisiva “Firefly” sia palesemente figlia di Alien Resurrection (1997): dopo la terribile esperienza di fare lo spin doctor per quella produzione Fox, per cui ha anche scritto copioni in cui protagonista è una Newt clonata, Joss Whedon è schifato (come racconterà in più occasioni) e do per scontato abbia voluto riciclare i propri personaggi, quei pirati spaziali che così poco spazio hanno avuto nel film di Jean-Pierre Jeunet.
Per il mio blog “Il Zinefilo” sto rivedendo la serie per recensirne un episodio a settimana.
L’episodio 1×04 contiene una spettacolare serie di citazioni aliene che meritano di essere presentate anche in questo blog.
Nello spazio, nessuno
può sentirti galleggiare
Nel saggio Firefly – The Official Companion (2006) Tim Minear – co-creatore, co-produttore e co-sceneggiatore della serie, in questo caso anche autore unico dell’episodio – racconta che al momento di scrivere questo Bushwhacked (trasmesso originariamente il 27 settembre 2002, poi in Italia il 10 marzo 2006 su Canal Jimmy con il titolo Il sopravvissuto) ancora non era andato in onda il primo episodio della serie, The Train Job, quindi tutto era ancora maledettamente in bilico. Visto che la Fox si dimostrava molto, ma molto dubbiosa sugli elementi western (diciamo pure che li detestava), Minear opta per una vicenda diametralmente opposta: una classica fanta-storia da “relitto spaziale”.
La vicenda si apre con l’equipaggio della Serenity che gioca a una sorta di fanta-basket, il che è davvero curioso. Va bene, l’episodio è scritto e diretto da Tim Minear, ma devo credere che non sapesse come il suo amico e collega Joss Whedon avesse lavorato ad Alien, la clonazione (1997), di cui “Firefly” è la versione televisiva, dove – ma guarda a volte la coincidenza – c’è una scena di basket coi pirati spaziali?
Oppure è una vendetta? Infatti due anni prima (il 23 ottobre 2000) era andato in onda l’episodio 1×04 di “Andromeda” dove un protagonista risvegliato dopo 300 anni gioca a basket con un pirata spaziale nero dai capelli rasta: una roba che grida Alien, la clonazione a pieni polmoni, e così Minear vendica l’amico Whedon.
A un certo punto l’allegria a bordo viene interrotta dal ritrovamento di un relitto spaziale, che teoricamente avrebbe dovuto contenere quattordici famiglie ma da cui non arriva alcun segno di vita.
Saliti a bordo per controllare, la situazione si fa subito tesissima, sia perché aggirarsi in una nave oscura e misteriosa mette sempre quel friccicore addosso, sia perché è chiaro che chiunque ci sia stato… ora sta galleggiando!
Dubito che la scena del palloncino rosso sia una citazione da IT (1986) di Stephen King, anche se mi diverte pensarlo, è più un modo per far capire come sulla nave ci fossero state famiglie con bambini e ora ci sia solo il vuoto totale.
Gli effetti personali dell’equipaggio sono tutti lì, compresi i piatti con il cibo: è come se qualsiasi cosa sia successa… sia stata fulminea.
«Non so perché si siano disturbati a inquadrare del cibo andato a male: ragazzi, era tosta stare su quel set.»
Questo commento di Joss Whedon dal citato saggio lascerebbe pensare che non si sia reso conto della citazione da Aliens (1986) – peraltro, guarda caso, un film uscito lo stesso anno del romanzo IT – è quindi tutto un mio dietrologismo da fan alieno malato?
Accetto quindi l’idea che Whedon non abbia colto i richiami alieni che l’amico e collega Minear ha inserito nell’episodio, perciò è solo una trovata assolutamente originale il fatto che i protagonisti alla fine trovino tutti i coloni… pardon, tutti i passeggeri raccolti in un unico spazio, aggrediti da forze disumane.
E il fatto che l’unico superstite si nasconda nei condotti d’areazione, che Mal si chini e con voce suadente cerchi di convincerlo ad uscire… no, non è Newt, il personaggio di cui Joss aveva appena scritto diverse sceneggiature (rigettate), no, è solo una curiosa coincidenza…
Il relitto non è stato aggredito dagli xenomorfi bensì dai Reavers, i super-nemici della serie, una razza umana che però è stata bandita e da tempo immemore vive talmente ai margini dell’universo da aver dimenticato ogni umanità, diventato belve assetate di sangue. Ma per fortuna la Serenity è intercettata dall’Alleanza, la civiltà… ma siamo sicuri che sia meglio?
Minear, nel citato contributo, ammette di aver voluto scrivere questo episodio per mostrare un po’ la panoramica di tematiche che la serie avrebbe affrontato, così nella prima parte abbiamo il peggio che la galassia possa offrire e nella seconda la legge e l’ordine rappresentato dall’Alleanza: stabilire quale dei due sia peggio sta allo spettatore.
Finire nelle mani dei burocrati dell’Alleanza è un’idea con cui Minear offre allo spettatore un modo per saperne di più sui protagonisti, in quanto vengono sottoposti ad interrogatorio.
«Sto dalla parte che ha perso: non è detto sia la parte sbagliata.»
(capitano Mal)
Noi che abbiamo visto il doppio-pilota sappiamo già tutto, ma Minear si sta rivolgendo a chi ha appena incontrato questi personaggi perciò dal veloce interrogatorio sappiamo qualcosa in più su di loro. Per esempio… Jayne (Adam Baldwin) è un tipo di ben poche parole.
Il “sopravvissuto” non sarà buono e bravo come Newt, bensì un pericolo ambulante come… come… Avete presente Purvis in Alien, la clonazione? Ecco, uguale! Ma ovviamente sono io che sono pazzo e vedo citazioni aliene ovunque. Per esempio è chiaro che i corridoi del relitto non assomiglino per niente a quelli della Nostromo con le grate a terra come “Hadley’s Hope”…
Bando alle mie fissazioni aliene, l’episodio è una ghiotta occasione per fissare la conoscenza con i nostri eroi, anche se possiamo solo scalfirne la superficie, per il momento.
Sono i nostri amichevoli pirati spaziali, un equipaggio variopinto che, come il Mefistofele di Goethe, «eternamente vuole il Male ed eternamente opera il Bene».
L.
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