Ormai non c’è più freno ai “collegamenti alieni” nella serie televisiva “The Mandalorian“: nello sterminato Gotha iconico degli autori Jon Favreau e Dave Filoni Aliens (1986) ha sempre un posto d’onore.
Il “Capitolo 13” (episodio 2×05, 27 novembre 2020), scritto e diretto da Filoni, aveva ben altre aspettative nel cuore dei fan, per un personaggio che non rivelo nel caso non l’aveste ancora visto. Quindi “rimandi minori” forse sono passati un po’ in sordina ma il fatto che ci siano non può essere un caso: mandare in onda un episodio il giorno dell’80° anniversario della morte di Bruce Lee… con protagonista Diana Lee Inosanto, sua figlioccia (figlia del celebre maestro filippino Dan Inosanto, il primo cattivo della torre di Game of Death) non posso credere che sia un caso.
Non credo ci siano più dubbi sul fatto che “The Mandalorian” sia la versione Star Wars dei grandi chanbara giapponesi: il villaggio protagonista di questo episodio sembra il tipico piccolo paesino in cui arrivava Itto Ogami o Zatôichi a portare giustizia contro il signorotto locale. Ma sembra anche la tipica colonia umana della Weyland-Yutani impiantata su un mondo terraformato: non stupisce quindi di trovarci Michael Biehn.
Da tempo si sapeva (ufficiosamente) della partecipazione dell’attore alla serie, ma onestamente speravo che il suo fosse un ruolo ricorrente. Purtroppo “The Mandalorian” è proprio come le serie giapponesi citate, ogni episodio è una storia che inizia e chiude, è un teatrino dove volti noti vengono a fare la loro breve comparsata mascherati da Star Wars. Diciamo che la serie sembra più uno spettacolo di cosplayer da fiera del fumetto. Tocca accontentarci.
Biehn non è certo noto solo per Aliens, ma c’è un particolare che mi fa pensare come Filoni e Favreau abbiamo voluto sottolineare che non stanno citando il Kyle Reese di Terminator (1984) né altri ruoli dell’attore: è proprio Hicks da Aliens (1986), e lo testimonia l’arma che sfoggia nell’episodio.
Perché un fucile che lancia fasci luminosi dovrebbe ricaricare a pompa, come se dovesse far scorrere cartucce nella canna? È un non sense che credo sia stato messo lì a posta per ricordare la mitica “arma di riserva” di Hicks.
«Io lo voglio a portata di mano, per incontri ravvicinati,»
(I like to keep this handy, for close encounters)
Malgrado il noto Colonial Marine sia ritratto più spesso con il pulse rifle – già citato da “The Mandalorian” – lo shotgun è l’altra sua arma iconica, quindi non stupisce trovarla in questa puntata.
Ovviamente la grafica del fucile è modificata in modo da spacciarla per attinente al mondo di Star Wars, ma l’aspetto da fucile a pompa rimane.
Come si può non volere bene a Favreau e Filoni per questa pioggia di citazioni aliene nella loro serie? Certo, se i personaggi riuscissero a rimanere per più di un episodio sarebbe meglio, ma non si può avere tutto.
L.
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Michael Biehn è sempre particolarmente sfortunato, anche “The Mandalorian” non sarà la serie che lo farà lavorare in pianta stabile, una vita di precariato per il più figo dei Colonial Marines 😉 Cheers
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In realtà la serie non fa lavorare nessuno, offre solo comparsate a volti noti: sono contento per la loro paga, che immagino sostanziosa, ma è incredibile come ad un anno dalla nascita queste serie non abbia generato nulla, se non fan art.
Nell’ottobre 2019, un mese prima che la serie nascesse, la Lego aveva già presentato il set dell’episodio 1×04 e di lì a poco la Black Series aveva iniziato a sfornare i personaggi della serie. Poi il vuoto totale. Non un fumetto, non un gioco, non un libro (a parte il “The Art Of”), niente, e ora la seconda stagione è un semplice teatro dove sfilano cosplayer. O non ha avuto gli incassi sperati, quindi è una serie un po’ lasciata ai margini dell’Impero, o c’è qualcosa sotto, magari robe di diritti e sfruttamento.
Dispiace vedere tanti bravi attori e tanti ottimi personaggi passare come una meteora e perderli in un attimo.
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Grandissimo Michael Biehn. Il mio desiderio di guardare The Mandalorian è pari al mio desiderio di farmi strappare tutte e due le braccia da un Wookie, ma sono contento che Alien e Aliens vengano giustamente omaggiati a non finire!
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Non sarò certo io a convincerti a vedere la serie, che ha ottimi particolari in un quadro generale deprimente: in pratica non ha più neanche una trama, è solo una serie di brevi siparietti, fatti molto bene ma inconcludenti.
Biehn sembra invecchiato di cent’anni, ma la citazione da Hicks ci sta tutta 😉
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Porello, ha 64 anni… non più 30! :–)
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Ok, quindi non sono il solo ad abbinare Mando a Itto Hogami…
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Non ho trovato interviste di Favreau che lo confermino, ma è dalla seconda puntata, con l’entrata in scena della carrozzina, che do per scontato che il mitico “Lone Wolf and Cub” sia la base di partenza per i personaggi protagonisti, cioè un guerriero solitario e un bambino 😉
Se poi ci metti che l’episodio 1×04 è chiaramente un omaggio a “I sette samurai”, è chiaro che Favreau ha in mente quel tipo di iconografia, da inserire nell’universo di Star Wars.
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Rivedere finalmente in azione il nostro indimenticato Michael è cosa buona e giusta 🙂 Peccato però, l’attenzione qui mostrata per le citazioni “giuste” faceva sperare che il suo personaggio fosse destinato a qualcosa di più…
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Purtroppo condivide con tutti gli altri attori famosi della serie un minutaggio bassissimo e una rilevanza in trama pari a zero. E’ solo uno dei tanti cosplayer che passano sul teatrino mandaloriano 😛
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Ti piace la serie Lucius?
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Mi piacciono i singoli personaggi, il design e le scene d’azione molto curate. Cioè mi piacciono i particolari, non la serie in sé, anche perché non la considero una serie: è un sipario che si apre ogni settimana e lascia spazio ad un cosplayer famoso di fare il suo numero. Non c’è alcuna omogeneità, giusto alla fine si ricordano che esiste una trama, infatti l’episodio di oggi finalmente – dopo cinque puntate senza alcun legame – inizia a raccontare qualcosa.
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A me non dispiace, è un western spaziale con in mezzo, per sommi capi, citazioni alla Kung Fu di Carradine
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Sì, appunto, i particolari sono tutti ottimi: nel primo episodio il procedere di Mando nella main street sembrava proprio quello di uno “straniero senza nome” nel paesino di frontiera, il problema è che poi ogni puntata si basa una struttura videoludica: Mando deve risolvere il problema del momento per ottenere la chiave e passare al quadro successivo, cioè la puntata successiva, cambiando poi totalmente stile. Una puntata western, una action, una commedia, una drammatica. E’ una serie troppo frammentata per considerarla un corpus unico, ma le singole parti sono tutte eccezionali.
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