[2022-08] Prey su “SFX” 355

La rivista specialistica “SFX” ha iniziato la sua attività nel 1995 con un numero 1 in cui intervistava Sigourney Weaver e annunciava l’uscita di un quarto film alieno, quindi possiamo dire che questo universo narrativo è caro alla rivista, sebbene nel corso dei decenni gli abbia dedicato davvero un spazio troppo esiguo.

Ora però è tempo di piattaforme, di polemiche sessiste sui social e di “predatesse”, quindi la rivista – che in media dedicava trafiletti all’universo alieno – guarda caso mette a disposizione ben otto pagine più la copertina del numero 355 (agosto 2022), con un lungo pezzo e ben due interviste (all’attrice e alla produttrice) in occasione dell’uscita del film Prey. Quindi gli altri film di Alien e Predator non erano abbastanza femministi per avere uno spazio simile su “SFX”? Eppure hanno tutti donne protagoniste!

Polemiche a parte, ecco di seguito le otto pagine tradotte da me.


First Kill

di Darren Scott

da “SFX”
n. 355 (agosto 2022)

Il regista Dan Trachtenberg con questo film
riporta il
franchise di Predator alle origini

Quando il regista Dan Trachtenberg si prende una pausa per parlare con “SFX” – indossando un cappellino da baseball della Weyland-Yutani Corp, nientemeno – è agli ultimi giorni di lavoro su Prey, dicendo che è «il più intenso che sia mai stato» mentre completano il suono e gli effetti speciali. È, dice, «una corda tesa molto precaria su cui stiamo camminando in equilibrio». Ah, però! Se sforano i tempi con Disney+ non incolpate la nostra rivista.

Originariamente prodotto con il nome in codice Skulls («Era solo una copertura», dice, «Prey era il titolo che volevo sin dall’inizio »), questo quinto capitolo della serie “regolare” di Predator originariamente era nelle prime fasi di produzione già nel 2018 di The Predator.

All’epoca la 20th Century Fox vedeva Prey come un’opportunità per imitare il “formato” di Star Wars, cioè una «trilogia principale e poi ci sono queste interessanti storie secondarie». Accantonato il progetto durante la fusione Fox/Disney, questa nuova versione di Predator è stata influenzata, dice, da film d’azione e storie di sopravvivenza con dialoghi ridotti al minimo: «un singolo personaggio che sta affrontando un grande sfida».

Quel personaggio è Naru (Amber Midthunder), una guerriera capace che si propone di proteggere il proprio popolo nella Nazione Comanche, solo che non ha mai cacciato qualcosa di simile prima. Naru e Prey, dice Trachtenberg, sono «un cambio di prospettiva rispetto al tipico eroe d’azione che vediamo in questo tipo di film. Ho iniziato a pensare: “Chi è la persona che non è mai l’eroe?”».

Ripensa a quand’era in terza elementare e, non potendo vedere il Predator originale del 1987, ricorda alcuni amici che gli hanno raccontato la storia. «Sono arrivati a questa parte in cui hanno descritto Billy, lo scout dei nativi americani, mentre affrontava un Predator su un ponte, sospeso su una cascata. Poi alla fine, quando ero abbastanza grande, ho visto il film… e quella parte non c’era. C’erano le possibilità, ma poi la scena è assente. Quindi ho sempre pensato, be’, che mi dici di quel film? Questo è quello che voglio vedere.»


Sotto attacco

Prey è ambientato trecento anni nel passato; i fan potrebbero ricordare una pistola lasciata in eredità al Mike Harrigan di Danny Glover nel Predator 2 del 1990, con su inciso l’anno 1715…

«Mentre stavo pensando al film, mi è venuta in mente quella pistola. Ero tipo, “Oh sì, può funzionare il fatto che fossero qui, che fossero in giro in quest’epoca”. Quindi è stato sicuramente un elemento di sblocco per la mia storia.

Da qui, Trachtenberg sapeva la direzione in cui doveva andare un nuovo film di Predator. «Penso sempre che i film di Predator, Alien e Terminator, nonostante abbiano registi diversi, si sentano tutti come se appartenessero al loro piccolo genere», spiega. «Penso che sia in gran parte dovuto al rapporto di Aliens con Alien, la fusione di azione ed orrore con in più elementi militareschi. C’è sempre questa miscela di elementi autentici fusi con la fantascienza, in cui McTiernan e Cameron erano così abili.»

«Volevo adottare lo stesso approccio ed essere il più autentico possibile in un modo completamente diverso, in un modo più alla Terrence Malick. Nel nostro film, abbiamo sottoposto gli attori a un campo d’addestramento per assicurarci che potessero funzionare come un gruppo unito. I Comanche erano una specie di squadra SEAL dell’epoca, erano i guerrieri più feroci del tempo. Così gli attori hanno imparato a muoversi nella foresta come un’unità e a comunicare tra loro in modo non verbale.»

«È stata davvero un’esperienza incredibile e il culmine del loro allenamento è stato il giorno in cui [l’allenatore] Kevin mi ha fatto sedere per conversare, nella sala di allenamento vuota. Aveva tutte queste scatole di cartone allestite come alberi. Era seduto a conversare con me, e poi, all’improvviso, l’intera “squadra di cacciatori” si è alzata e mi ha puntato archi e frecce. Tipo, a due metri di distanza. Si erano spostati dal fondo della stanza alla parte anteriore senza che li vedessi. Poi ho visto un video di mentre stavamo conversando e li ho visti muoversi in maniera coordinata da albero ad albero, e avevano fatto tutto in assoluto silenzio. È stato semplicemente incredibile».


Ritorno alle basi

Nato con il Predator del 1987, sebbene amato il franchise ha dovuto lottare per replicare il successo iniziale. Trachtenberg è d’accordo.

«Anche quella è stata una parte importante del progetto. Mi sentivo impegnato in una mossa di grande responsabilità, anche perché l’ultimo film [The Predator] non era ancora uscito. All’epoca avevo solo letto la sua sceneggiatura ed era incredibile, faceva cose pazze con scelte davvero audaci che pensavo fossero splendide.»

«E ho pensato, “Be’, stanno facendo qualcosa di davvero grande, ed esprimendo nuovi concetti”. Ho pensato, se funziona, o se non funziona, la mossa che fai è tornare alle origini. Lo spogli fino all’essenza principale di ciò che funziona nel franchise e poi ripeti da lì. Quindi questo è stato sicuramente l’impulso iniziale, di come tornare alla semplicità della premessa del primo film, ma cercando di offrire allo stesso tempo qualcosa di completamente nuovo. È così che siamo finiti con quello che abbiamo».

Questo non vuol dire che Prey non si basi su ciò che è accaduto prima e offra un’esperienza unica per gli spettatori. «In cosa consiste la novità? Presentiamo una creatura che il pubblico, anche i più grandi fan del franchise, possa scoprire insieme al nostro personaggio principale. Non che sia completamente diverso, ha ancora lo stesso codice, che è una parte importante del tema del film. Quello che era in qualche modo nel DNA del film originale viene davvero portato in superficie qui in termini di Predator, qui alla ricerca dell’alfa, alla ricerca di chi è in cima alla catena alimentare e scopre per la prima volta chi vive su questo pianeta.»

«Voglio dirlo in modo chiaro, perché penso che ci sia stata una certa confusione in merito: nella mia mente, questo non è un film prequel, non è “Raccontiamo l’origine del Predator”. Questa è in effetto una storia ambientata prima del film originale di Predator, ma la creatura in questo è la prima volta che viaggia sulla Terra.»

«Chi può dire se qualche Predator in qualsiasi momento è mai stato sulla Terra prima? Per quanto ne sappiamo noi, questo Predator sta scoprendo questo pianeta e sta cercando chi è in cima alla catena alimentare. Usiamo quel codice per esaminare temi più ampi del film».

Questo salto indietro nell’evoluzione del Predator ha permesso a Trachtenberg di dare a questo particolare cacciatore un nuovo aspetto. «Il disegno della creatura per me doveva essere assolutamente funzionale», afferma. «La testa è sempre stata così grande da ospitare una persona all’interno, soprattutto quando è stata sviluppata negli anni ’80. Ora, questo nostro è il rapporto testa-corpo più raffinato e proporzionale che sia mai stato fatto. In realtà siamo riusciti a rendere la figura un po’ più anatomicamente corretta. Francamente, è il più piccolo e credo il più magro dei Predator, sebbene sia ancora una gigantesca creatura aliena.»

Trachtenberg afferma che Prey «apprende da questo franchise ma anche da qualsiasi film di fantascienza precedente» in termini di creazione di mostri. «È una miscela di grandi effetti speciali pratici – non solo il Predator, ma anche altre cose che facciamo nel film – e con in più il Predator, per ottenere tutto ciò che la gente vuole da un prodotto del genere “tizio con un costume”. Quindi ci sono tutti i vantaggi di entrambi gli aspetti, con in più un po’ di grafica digitale.»

«Quindi è quasi interamente un tizio con un costume, ma siamo stati in grado di trovare modi per migliorarlo e, si spera, indurre il pubblico a pensare, “Oh amico, questa cosa è una creatura vivente e che respira”. C’è molto uso di armi che abbiamo visto negli altri film, e tornano anche in questo, e abbiamo quella che avrebbe potuto essere l’uso di un’arma precedente. La sua maschera è completamente nuova. Fondamentalmente tutto era all’insegna del “Come facciamo a far sembrare questa cosa molto più simile a una creatura, molto più aliena di quanto non sia mai stata prima?”».

«Penso che mentre il disegno sia decisamente iconico, mi sono sempre preoccupato un po’ per il movimento della creatura e mi sono sentito come se ci fosse un lottatore professionista all’interno di quella tuta. Abbiamo preso questo grande interprete, Dane DiLiegro, e abbiamo trovato un modo per incorporare i suoi movimenti e far sentire questa creatura molto più selvaggia, molto più primordiale, ma comunque bipede e intelligente. Il suo movimento e il modo in cui usa le sue armi è molto più feroce e spaventoso in questo film, e molto più agile di quanto non l’abbiamo mai visto prima.»

Come si è tradotto questo alla fine per il regista, quando si è trovato faccia a faccia con il suo protagonista alieno? «Sinceramente, è stato spaventoso. È stato davvero strano», dice, nonostante abbia attraversato tutte le fasi della sua creazione. «Fuori si stava facendo buio e stavamo girando nei boschi, dentro di me c’era solo un ragazzino che diceva, “Oh!” Ho chiuso gli occhi, mi hanno accompagnato e li ho aperti, e lui era nel personaggio, nella mia faccia ed era davvero alto e terrificante. Davvero terrificante. Quindi sì, è stato davvero fantastico!»


Predator piratesco

La notizia che una nuova serie TV di Alien è in lavorazione significa che possiamo aspettarci altri capitoli nell’universo di Predator? «Questo certamente apre la porta a così tante strade su cosa puoi fare, dopo. Ora, è decisamente troppo presto per dire quali potrebbero essere i piani. Ma c’è sicuramente…» Si ferma. «Le conversazioni che sono avvenute in merito sono piuttosto eccitanti, questo posso dirlo».

E allora, se non ci fossero limiti, cosa vorrebbe fare con il franchise di Predator? Lui ridacchia. «Sì, questo non posso assolutamente dirlo!»

In precedenza, Trachtenberg è stato collegato a una serie basata sul film Waterworld (1995) di Kevin Costner. Questo nonostante i suoi problemi con il mal di mare… «È così presto, chissà», riflette. «Anche se penso che con gli sviluppi della tecnologia della “parate verde” potrebbe essere possibile realizzare un film ambientato sull’acqua pur non essendo sull’acqua.»

Dicendo che ha sempre amato i pirati e ha sempre desiderato fare un «racconto d’avventura di alto mare», osserva che, grazie alla tecnologia, «ora c’è la possibilità anche per me di fare un film sui pirati». Un film sui pirati di Predator, forse? «È interessante, molto interessante», considera. «C’è sicuramente un precedente nei fumetti…»

Quando gli è stato chiesto di prendere in considerazione un momento eccezionale della produzione di Prey, Trachtenberg non ha altro che parole di elogio per la sua protagonista, Amber Midthunder, lei stessa un membro della tribù Sioux di Fort Peck. «Ci sono un certo numero di momenti in cui la guardi e dici: “Oh, non sta fingendo, lo sta facendo davvero”».

Momenti viscerali, viscerali, davvero incredibili e speciali. «Quello che mi è venuto in mente è che non mi rendevo conto che stava succedendo: ero così concentrato sul fatto che fosse la storia di un sopravvissuto, ma a causa dell’ambientazione e dell’evoluzione delle cose, non mi rendevo conto che stavamo davvero girando un film d’avventura. Ci sono così tanti momenti in cui Amber salta in giro, grandi momenti che sembrano provenire dai film avventurosi con cui sono cresciuto».

«È così epico che non riesco proprio a credere di starlo girando. È pazzesco, non posso credere che stia davvero facendo questo tipo di film. È grandioso e spavaldo, cosa che adoro. Quindi sono emozionato, davvero eccitato. Non so se le persone si rendano conto di cosa aspettarsi da questo film…»


Intervista
ad Amber Midthunder

Cosa puoi dirci di Naru?

«È una giovane donna Comanche che vive nel 1719 e vuole essere una guerriera. I Comanche erano una società di grandi guerrieri, e lei vuole far parte di quella società. Le è stato detto che il suo posto non è lì. Il nostro film fa un ottimo lavoro nel prendere tutto questo e intrecciare una narrazione davvero interessante, in un film molto divertente, pieno d’azione, ma anche con una storia. Non è solo “Oh, voglio essere un guerriero”. E la risposta è no. È: “Perché? Perché te ne importa?” Dà un’occhiata al motivo per cui le persone vogliono fare quello che fanno, o cosa c’è sotto. Ma in un modo molto divertente e ricco di azione.»

Quali abilità hai dovuto sviluppare per “Prey”?

La lingua Comanche, che non è facile. Conosco la mia lingua Lakota e non sono affatto la stessa cosa. Quindi imparare e familiarizzare con la lingua Comanche è stato estremamente impegnativo e molto, molto bello impararla. È una lingua davvero difficile. Ci sono molte vocali, quindi la tua bocca è aperta per molto tempo ed è molto specifico. Poi è stato impegnativo anche fisicamente, siamo stati in un campo di addestramento per quattro settimane prima di iniziare a girare, un posto dove abbiamo sviluppato diverse abilità. Abbiamo imparato il tiro con l’arco, lavorando con le lance, acrobazie varie e addestramento al combattimento. Ci siamo allenati fisicamente perché le riprese sono state un grande impegno. Estremamente fisico.»

Come diresti che il tuo personaggio è paragonabile a quello di Arnold Schwarzenegger?

«Mi piacerebbe vederli combattere, sarebbe bello. Non ci ho mai pensato fino ad ora. Ovviamente sto con la mia ragazza! Ma se potessi davvero vedere Arnold Schwarzenegger nella vita reale, per non parlare di avere una scena di combattimento con lui, probabilmente morirei dalla gioia.»

Raccontaci della prima volta che ti sei trovata faccia a faccia con un Predator…

«È stato così eccitante. Non so se dovevo vederlo in quel momento, ero sul set e ho visto un gruppo di persone annidate fra i cespugli. Dalla mia posizione sugli alberi potevo vedere del movimento. “Cos’è quello?” E questa cosa è sbucata fuori e ho subito detto: “Potrei gestirlo”. Questa è stata la mia risposta: “Posso ucciderlo”. È assurdo. Perché è enorme e dall’aspetto molto spaventoso. Ma io ero tipo “No, ce la faccio”. Ma è stato anche fantastico. Sono andata dritta verso di lui e mi sono limitata a fissarlo. Voglio dire, c’è una persona dentro la tuta, ma per me era un “esso” e lo stavo solo fissando stupita. Volendo combatterlo e anche toccarlo e colpirlo. C’è una parte da ragazzina in me e poi c’era la parte Naru, ed entrambe erano ugualmente colpite, ma in modo molto diverso.»

Qual è stato il momento più memorabile delle riprese?

«Girare la fine del film è stato un po’ folle. L’abbiamo girato in tre giorni, soprattutto di notte. Era la seconda settimana di riprese o qualcosa del genere, e pensa che all’inizio quella parte avevano pensato di girarla subito, all’inizio, il che è pazzesco.»

Cosa speri che le persone apprendano da “Prey”?

«Sono molto entusiasta di vedere cosa ne viene fuori, sono davvero orgogliosa di questo film. Come film di fantascienza, penso che offra davvero tutte le cose che le persone vogliono. Penso che il Predator sia molto bello. Penso che l’azione sia molto bella. Penso che il tono e lo stile di tutto ciò che Dan ha fatto siano incredibili. Ma alla fine, la cosa più importante per me di questo film è che ha la prima protagonista femminile indigena di un film d’azione, credo in assoluto. Quindi è qualcosa di importante, per me e la mia gente, che emoziona ogni volta che lo dico. Si spera che ci sia molto di più oltre questo, perché penso che sia una risorsa estremamente non sfruttata.»


«Le donne sono pronte a vedere
una donna protagonista dell’azione»

Il produttore Jhane Myers spiega
perché “Prey” è rivoluzionario

Un produttore con abilità uniche. Sono nativa verbale e nativa americana. Sono Comanche e Blackfeet, sono iscritta alla Comanche Nation. Quindi questo è davvero importante per me, perché la lingua è sempre stata una delle mie passioni e la lingua madre, è davvero importante. Il fatto che le persone possano vedere questo film – non solo i Comanche, tutti i nativi, le persone ovunque – in Comanche, è super eccitante per me.

Migliorare la produzione

Dicevano: «Guarda qui e vedi se dovremmo cambiare qualcosa». Non pensavo che dovessimo cambiare molto, ma ho aggiunto molte cose che sono successe con i Comanche o che sono successe con i nativi. Ho aggiunto cose a cui probabilmente non hanno mai pensato, il che è stato fantastico.

Ora è il momento di avere Amber come protagonista e come eroe: questo è il momento perfetto per una “she-ro”. Le donne sono pronte a vedere una donna entrare in azione. Se pensi a tutti i migliori film d’azione, quelli che hanno fatto meglio hanno avuto una donna come protagonista.

Come produttore ho avuto una carriera variegata. Sono anche un’artista che realizza abiti tradizionali dei nativi e quell’aspetto storico per la precisione era davvero importante. È stato davvero fantastico perché abbiamo avuto una grande costumista in Stephanie Porter, che era desiderosa di imparare tutto.

Perché “Prey” sta facendo la differenza

È rivoluzionario in molti modi. Prima di tutto abbiamo una protagonista femminile nativa, ed è un membro iscritto della riserva di Fort Peck. Quando hai qualcuno che è un produttore nativo in quella zona, allora può garantire che più nativi vengano assunti. Avevamo circa 75 persone native che sono state assunte attraverso questa produzione, avevamo persone native in ogni singolo dipartimento.

Per i Comanche, questa è la prima volta dalla mia tribù che abbiamo un intero doppiaggio e sottotitoli nella nostra lingua, la prima volta in assoluto. Penso che questo metta una parte davvero importante nel paradigma. Perché se hai intenzione di prendere in prestito dalla nostra cultura, e la nostra cultura è così cruciale per la sua storia, penso che sia davvero importante rendere omaggio alla lingua e usando effettivamente quella tribale.

Perché i termini della fantascienza non erano difficili da tradurre. Ogni tribù ha storie di mostri. Per i Comanche, si chiama Pia Mupitsi [Big Cannibal Owl]. È questa grande creatura alta che uccide le persone. È la storia spaventosa che racconti ai bambini se vuoi che si comportino bene prima che i Mupitsi vengano a prenderti. Quindi il fatto che abbiamo potuto usare Mupitsi in questo film è sorprendente.

Il suo momento più memorabile sul set

C’è una scena in cui una donna sta cavalcando un cavallo. E loro sono tipo: «Non abbiamo nessuno da guidare e abbiamo bisogno di una donna, cosa faremo?» Ero semplicemente seduta lì e ho detto «Lo farò io». Ho messo il vestito e tutto il resto. Per me è memorabile, perché i miei futuri nipoti, i miei futuri pronipoti, un giorno potranno guardare questo film e dire: «Quella è nostra nonna!». Dimostra solo che, come la nostra cultura Comanche, siamo sempre pronti, abbiamo queste abilità e quando devono essere utilizzate, le usiamo semplicemente. Quindi per me quello è stato il momento più memorabile.


L.

– Ultime riviste:

4 pensieri su “[2022-08] Prey su “SFX” 355

  1. “Chi può dire se qualche Predator in qualsiasi momento è mai stato sulla Terra prima?”
    I fumetti lo possono dire, tanto per fare il solito esempio, se solo vi ricordaste che esistono e tengono vivi i vari franchise nel “vuoto” fra un film e l’altro. Ma non sia mai che i responsabili di queste produzioni si debbano sentire “legati” (mantenere un minimo di coerenza con il lavoro altrui è un’imposizione insopportabile, ci mancherebbe) a tutto quello che l’universo espanso ha faticosamente costruito per decenni, cominciando a scadere in primis proprio per il tentativo di star dietro agli stravolgimenti filmici… Poi, non ci saranno nemmeno così tante strade da prendere dopo, checché ne pensi o dica Trachtenberg, ma solo quelle che deciderà la Disney (e lui lo sa) 😦
    P.S. Naturalmente, di Machiko Noguchi nessuno fa mai menzione…

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    • Anche a voler rimanere ciechi e a pensare solo ai film, spesso si fa riferimento a regolari visite predatorie sulla Terra, per tacere di “AVP” che arriva persino alle origini stesse dell’umanità 😛
      Diciamo che ‘sto Tach è un altro che non sa nulla di ciò che parla ma parla uguale…

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      • La regola fissa rimane quella: non sapere una mazza dell’universo alieno è il requisito fondamentale per essere chiamati ad occuparsene… l’alibi sarebbe quello di avere gente con le idee “fresche”? Ma ignorare le basi di quello su cui si lavora in genere porta a NON averle proprio del tutto, “fresche” o vecchie che siano (come cacciatrice Naru è stata preceduta da Machiko ma, ovviamente, bisognerebbe abbassarsi a leggere il fumetto per capire dove e quando sia nata davvero l’idea) 😕

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