Nuova puntata del ciclo dedicato alla storia, raccontata per la prima volta con dovizia di particolari, dei due italiani che girarono il loro seguito di Alien (1979).
Un napoletano a Roma
Il giornalista Lamberto Antonelli venerdì 18 aprile 1980 su “Stampa Sera” presenta Ciro Ippolito ai lettori:
«Ha cominciato come attore nel film di Roberto Rossellini, Atti degli apostoli e Rossellini, che sapeva subito individuare i buoni animali cinematografici, lo promosse sul campo suo aiuto regista. “Cosicché invece di fare un paio di pose nel film restai con lui alcuni mesi, imparando moltissimo”, dice. Poi appare come attore, in una decina di film.»
Dopo alcuni anni di gavetta davanti alla cinepresa, al momento di diventare produttore cinematografico, sul finire del 1978, Ippolito sceglie un genere di sicura presa sul pubblico partenopeo, ma in realtà di grande voga all’epoca: la storia drammatica per le vie della Napoli contemporanea, con venature di quel poliziottesco che infiamma tutte le sale. Tra la fine del 1978 e tutto il 1979 Ippolito-produttore sforna sei film “napoletani” con la regia di Alfonso Brescia (o Al Bradley) e quasi tutti interpretati da Mario Merola, scritti da Ippolito stesso che poi affianca Carlo Broglio al montaggio.
«Carlo Broglio era detto “Imbroglio”, perché tutte le volte che mancava un pezzo di film, riusciva a procurarselo dagli scarti di montaggio delle altre moviole. Pantere della polizia che sfrecciavano a tutta velocità, riprese aeree di treni in corsa, ammaraggi di navicelle spaziali della Nasa. Imbroglio era un fenomeno, nella monnezza della pellicola riusciva a procurarsi di tutto. Una volta, persino un’intera sequenza de Il piccolo grande uomo di Arthur Penn. E quelle scene finivano dritto dritto nei miei film.»
Con queste parole – tratte dalla sua autobiografia Un napoletano a Hollywood (2010) – Ippolito presenta l’amico Broglio, con il quale inizierà a lavorare in Napoli… Serenata calibro 9 (visto di censura: 7 dicembre 1978). Cavalcare l’ondata di successo della “sceneggiata napoletana” al cinema è un lavoro a tempo pieno e il 1979 di Ippolito è un anno denso di impegni, molti dei quali si svolgono nelle sale di montaggio insieme a Broglio, a completare titolo dopo titolo i film che usciranno velocemente al cinema.
«Con Carlo Broglio, durante una pausa di montaggio de I contrabbandieri di Santa Lucia, sono andato al cinema Adriano a vedere Alien di Ridley Scott.»
Stavolta gli anni che intercorrono dagli eventi si fanno sentire, perché una frase così ricca di informazioni purtroppo non resiste alla prova dei fatti. Il film I contrabbandieri di Santa Lucia di Alfonso Brescia riceve il visto della censura il 23 agosto di quel 1979, quindi è impossibile che nella precedente fase di montaggio i due interessati abbiano potuto vedere un film uscito in Italia solamente due mesi dopo. Probabilmente (ma è solo una mia ipotesi) Ippolito si è confuso con Napoli… la camorra sfida, che riceve il visto il 23 novembre, quando è sicuro che all’Adriano di Roma da un mese stiano proiettando Alien.
Usciti dunque Ippolito e Broglio dalla Fono Roma dove stavano montando il loro film, i due vanno nello storico cinema di piazza Cavour – dove un decennio dopo avrò modo di vedere la prima edizione italiana di Balla coi lupi (1990) – e si gustano la novità “fanta-horror” dell’anno: uscendo dalla sala, però, a Ippolito cade l’occhio su un’altra grande novità del periodo.
«All’uscita, in piazza Cavour vedo un grande manifesto di Zombie 2 di Lucio Fulci, uno dei più bravi e versatili registi italiani di sempre. […] Zombi 2 in quel momento è un successo in tutto il mondo, ed ecco che mi parte la scintilla e dico a Carlo: “Ma si potrebbe fare benissimo anche Alien 2!”»
Abbiamo di nuovo un regista di genere che considera “successo mondiale” qualcosa che in realtà andrebbe contestualizzato: il successo mondiale è Zombi (1978) di George A. Romero, Zombi 2 è la versione economica con cui distributori internazionali truffano i propri spettatori, promettendo loro un film di pari qualità sapendo che così non è. Nessuno ha mai considerato Starcrash o Zombi 2 opere a sé stanti, frutto della grande creatività italiana: sono versioni Z di grandi successi che si vendono proprio sfruttando il consenso degli originali, come succede per ogni film di grande richiamo.
Circa un mese dopo che Ippolito ha fatto il “collegamento logico” tra zombi e alieni, la rivista “Cinema Nuovo”, palesemente schierata a favore di un cinema più d’autore, attesta sì il successo del film di Fulci ma solo fra «il pubblico medio», che si fa spaventare dai suoi mezzucci. Zombi 2 è
«un perfetto cocktail di sanguinolente inquadrature frammiste a erotismi “formali” (tradizionali docce e trite “love story”), incasellate in una “story” densa di discordanze narrative, di punti oscuri che rivelano quanto assolutamente inutile sia cercare di comprendere il come e il perché si assista alla calata degli Zombi.»
Il fatto però che una rivista così disinteressata al cinema di genere nostrano comunque abbia dedicato una recensione al film di Fulci rende chiaro quanto il fenomeno fosse di così grande portata in Italia, tanto che persino prodotti minori potevano godere di luce riflessa.
Infervorato da quella associazione mentale tra Alien e Zombi 2, Ippolito corre da un produttore amico e socio, Angiolo Stella, «perennemente indebitato» perché si ostina a distribuire cinema impegnato in un’Italia in cui le sale sono in forte crisi. Perché è dalla sua nascita che il cinema in Italia è in crisi, ma a quanto pare nella seconda metà degli anni Settanta la crisi aveva un colore particolare: a luci rosse.
La situazione cinematografica
nell’Italia del 1979
Stando ai ricordi di Ciro Ippolito, che scrive a più di tre decenni di distanza, nella metà degli anni Settanta in cui ha conosciuto Angiolo Stella le sale italiane se la passavano molto male. «I cinema cominciano a chiudere per mancanza di spettatori e quei pochi che restano aperti, soprattutto in provincia, programmano solo pellicole porno». Siamo negli anni in cui comincia la sua travagliata vita italiana il film giapponese L’Impero dei sensi (di cui ho già parlato), anni in cui in realtà il cinema a luci rosse era dato per spacciato, avendo perso la “freschezza” della rivoluzione sessuale, ma è innegabile che i film che mostrino sesso esplicito stiano vivendo un buon momento, nel dopo-Gola profonda: i registi italiani di genere avevano già abbandonato i sandali romani e le pistole del West, grandi tormentoni degli anni Sessanta, per dedicarsi a poliziotteschi vari, ma nel loro repertorio devono inserire anche più remunerativi film che promettono (non sempre mantenendo) varie sfumature di sesso.
Però non va dimenticato che gli anni Settanta italiani sono anche il decennio della scoperta dell’horror, un genere totalmente ignorato dall’intelligenzia nei decenni precedenti e che ora può uscire dal ghetto e raccontarsi alla luce del sole. Nuove leve come Dario Argento stanno fondando un genere che gli stranieri chiameranno “giallo”, temo fraintendendo l’abbinamento cromatico (visto che in Italia quel colore si deve alla nota rivista mondadoriana da edicola che di tutto parla tranne che di orrore), e quando non trattano di amplessi i registi si dedicano all’horror. Meglio ancora se horror con amplessi.
Ad aiutarci nella comprensione del gusto dell’epoca arriva Giuseppe Sibilla, che il 21 ottobre 1979 sul “Radiocorriere TV” ci parla del nuovo cinema horror americano in Italia, nell’articolo “Carissimo mostro” legato al ciclo televisivo di Rete 2 (oggi Raidue) dedicato ai mostri classici del cinema. Il giornalista ci regala una panoramica dell’autunno horror del 1979:
- Profezia (Prophecy) di John Frankenheimer (nelle sale italiane dall’8 settembre), sceneggiato da quel David Seltzer diventato famoso per Il presagio (1976), «descrive i devastanti effetti che stanno per derivare dal nostro disprezzo per le leggi della natura».
- Fantasmi (Phantasm) di Don Coscarelli (dal 26 settembre), «mostra un esercito di morti viventi indirizzati a nefande azioni da padroni tenebrosi».
- Le ali della notte (Nightwing) di Arthur Hiller (dal 6 settembre), dal romanzo L’ala della notte (1977) di Martin Cruz Smith (“Il Giallo Mondadori” n. 2613, 28 febbraio 1999), «tratta di un’invasione di pipistrelli-vampiro nel sud degli Stati Uniti».
- L’ultima onda (The Last Wave) di Peter Weir (dal 1° settembre), «racconta di precipitazioni di petrolio e ranocchie provocate dalla magia nera degli aborigeni australiani».
Altri orrori stanno per arrivare, ci informa Sibilla, come per esempio Brividum di Fred Franciscus, «dominato dalle maledizioni di una divinità asiatica»: non ho trovato alcuna notizia di questo fantomatico film. «Pare si stia aprendo un’èra di mostri e fantasmi», vaticina Leonardo Sciascia all’interno del suo saggio-diario Nero su nero, che Einaudi porta in libreria proprio quel settembre 1979. L’autore stava commentando i tanti avvistamenti mostruosi nelle campagne italiane, tra serpenti giganti e scimmie misteriose, ovvi parti del sonno della ragione.
Fra un reggiseno e una mutanda, l’Italia è in preda anche ai mostri, e gli autori nostrani lasciano ogni velleità thrilling (cioè il genere italiano che tanto successo aveva avuto all’estero) per dedicarsi ai divi del momento: mostri, morti viventi e alieni.
Un perfetto simbolo del fenomeno potrebbe essere pagina 6 del quotidiano “La Stampa” del 9 luglio 1979, in cui vengono pubblicizzati al cinema film dai titoli più che esplicativi – La felicità nel peccato, Exhibition Strike, Le avventure erotiche di una ragazza squillo, Cambio di sesso – e fra le relative locandine ammiccanti… spunta fuori un’anticipazione di Alien.

anticipazione di Alien da “La Stampa” del 9 luglio 1979
C’è ovviamente grande aspettativa per il film di Ridley Scott, «che (tra brividi e disgusto) è già famosissimo anche se nessuno ancora l’ha veduto», ci spiega Sibilla. Il film infatti uscirà in sala solo il 25 ottobre 1979, cioè la settimana successiva alla rivista in questione, ma se ne parlava già da tempo, visto che è stato in concorso al XVII Festival Cinematografico di San Sebastiano, dove David Grieco per “l’Unità” lo boccia sonoramente, quel 13 settembre, definendolo un banale «trionfo del modellismo», con lo sceneggiatore Walter Hill che si limita «ad assecondare i mezzi meccanici». Il film comunque si aggiudica il premio «Concha d’argento» del festival.
Solo dal marzo 1980 il “Radiocorriere TV” inizia a presentare classifiche cinematografiche, nella rubrica “Borsa Cinema”, ma almeno sappiamo che a questa data Alien si trova al nono posto della classifica di quella settimana, distribuito in sedici città da ben 784 giorni e con 506.789 spettatori, ben lontano dai 761.547 di Manhattan di Woody Allen e i 710.964 de Il malato immaginario con Alberto Sordi. L’ultima settimana di Alien in classifica, il 15 giugno 1980, gli spettatori sono 511.610 dopo 805 giorni di programmazione.
Se Terrore dallo spazio profondo (Invasion of the Body Snatchers, 1978) di Philip Kaufman – nei cinema romani dal marzo 1979 – poteva ancora essere giudicato “puro horror” malgrado le forti connotazioni fantascientifiche, l’arrivo di Alien rende chiaro che il genere “di fusione” fanta-horror è ormai sdoganato.
(continua)
L.
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