Dove eravamo rimasti
«Come hai potuto dimenticarmi così in fretta?»
la Regina a Picard
Anno 2373. All’inizio del film Star Trek: First Contact torniamo al 2063 dove Picard incontra la Regina Borg, un’entità mai citata né suggerita nei precedenti incontri con la terribile razza. «Ascolti ancora la nostra canzone?» La Regina dà prova di conoscere e ricordare bene Picard, quando era diventato Locutus, mentre l’uomo non sembra ricambiare il ricordo: dei veloci flashback posticci ci mostrano i due “amanti” borgizzati. D’un tratto Picard si ricorda, di un qualcosa che ovviamente non è mai esistita prima di questo film.
Scopriamo, dalle parole di Picard, che alla Regina non bastava assimilarlo, voleva che l’uomo si offrisse spontaneamente ai Borg. Anzi, alla Regina, sebbene sia la stessa cosa.
«Tu volevi di più di un semplice drone Borg, volevi un essere umano con una mente propria, che potesse colmare il divario tra gli uomini e i Borg, tu volevi una controparte.»
Picard si offre spontaneamente ma ora la Regina non ha più bisogno di lui, visto che ha scelto come controparte Data: dopo questo risvolto di sceneggiatura un po’ vago, nel giro di due secondi la Regina muore senza aggiungere una sola sillaba. Nata dal nulla, torna immediatamente nel nulla. La romanziera J.M. Dillard prova un po’ ad infiocchettare la cosa, salvando il pessimo trattamento che papà Brannon Braga dedica alla sua creatura, e aggiunge un sottile senso di vendetta che pervade la Regina, ma la scrittrice ha davvero poco materiale con cui lavorare. Ciò che rimane dell’ottavo film della saga è un insieme di spunti narrativi che Braga potrà approfondire alla prima occasione utile, che non tarderà ad arrivare.
Il film di “Voyager”
«Rimasi molto impressionata dalla lavorazione, non solo il copione ma anche lo sforzo produttivo: tutto era superiore al normale», così l’attrice Jeri Ryan (che interpreta Sette di Nove) alla rivista “Femme Fatales” (aprile 2000) racconta la lavorazione di quello che oggi è chiamato “doppio episodio” – visto che tecnicamente si tratta di due episodi diretti da due registi e con lavorazioni separate – ma in realtà nasce come vero e proprio film televisivo della serie “Star Trek: Voyager“, cioè Frontiera oscura (Dark Frontier, 5×15-16), mandato infatti i onda in sequenza lo stesso 17 febbraio 1999.
Dopo tre anni in cui Kate Mulgrew è stata osannata da tutti i giornalisti, in quanto prima donna di potere in un universo televisivo fortemente maschile, l’arrivo nella quarta stagione dell’esplosiva Jeri Ryan nel ruolo di una Borg riportata all’umanità aveva mandato tutto in tilt, anche il rapporto umano fra le due attrici, che non è mai stato sereno (per usare un eufemismo). Inoltre i numeri parlavano chiaro: il doppio episodio 4×18-19 (The Killing Game), mandato in onda il 4 marzo 1998 come fosse un film, aveva sbancato i dati d’ascolto: per la stagione successiva bisognava fare lo stesso… ma di più.
Il produttore esecutivo e sceneggiatore Brannon Braga è pronto all’azione: la sua Regina Borg è già nella stanza degli autori.
«Sentivo che avevamo bisogno di qualcosa di davvero spettacolare per l’occasione, e una delle cose che secondo me ha maggiormente cementato il successo di “Voyaver” è stata la presenza delle doppie puntate [two-parters]. Avevamo diversi soggetti che ruotavano sui Borg, io mi sono limitato a fonderne qualcuno e a tirare fuori Dark Frontier.»
A parlare è Braga stesso, che alla giornalista Anna L. Kaplan di “Cinefantastique” (aprile 2000) spiega che qualsiasi storia parli dei Borg deve per forza tenere conto del film Star Trek: First Contact (sempre scritto da lui), e che quindi debba prevedere battaglie spaziali e la Regina. Aspetta… ma il personaggio non moriva alla fine di quel film?
«Io credo che [i Borg] abbiano un modello genetico per lei: se viene distrutta, lo usano e ne creano un’altra.»
Segnatevi queste parole di Braga, perché saranno riprese in un romanzo che vedremo più avanti.
La storia
«Bentornata a casa.»
la Regina a Sette di Nove
Anno 2375, sono passati due anni da quando Picard ha ucciso la Regina Borg nel Quadrante Alpha, anche se in realtà l’ha fatto nel passato! Ora comunque siamo in tutt’altro tempo, 2375 appunto, e in tutt’altro spazio, cioè nel lontano Quadrante Delta dove la dispersa USS Voyager sta lentamente tornando a casa: fra i mille pericoli incontrati sul suo cammino non mancano i Borg.
Abituati ormai a gestire le piccole navette Borg incontrate, i nostri eroi scoprono di aver bisogno di certa tecnologia per poter viaggiare più veloci e abbreviare la loro lontananza da casa, quindi si organizzano per un “colpo di mano”: utilizzando un biosmorzatore capace di renderli invisibili ai Borg (inventato dal papà di Sette di Nove), i nostri eroi assaltano un vascello, penetrano al suo interno non visti, recuperano il materiale necessario e appena il sistema di mimetizzazione comincia a perdere efficacia sono già tornati sulla Voyager. Facile, no? Peccato che mentre eseguono il piano… Sette di Nove si rifiuti di tornare: il suo posto è nel Cubo. Il suo posto è con la Regina.
Mentre il capitano Janeway (Kate Mulgrew) faceva i suoi piani, un’altra donna al potere stava tessendo la sua tela: la Regina aveva ripreso i suoi contatti mentali con Sette di Nove e le aveva lanciato un ultimatum, imponendole di sacrificarsi per la salvezza dei suoi amici, i quali sarebbero usciti vivi dal Cubo Borg solo se la ex assimilata fosse tornata “a casa”. Per il bene dei suoi compagni, Sette di Nove accetta.
Da dove arriva questa Regina? È per caso la versione “cronologicamente conseguente” di quella che due anni prima è tornata indietro nel tempo per conquistare la Terra, nel Quadrante Alfa? Oppure ogni Quadrante ha una Regina? O addirittura ogni gruppo di Borg ne ha una? Braga non si impegola in spiegazioni che potrebbero diventare scivolose, anche perché non essendoci la stessa attrice (Alice Krige era già impegnata) affermare che si tratti dello stesso personaggio potrebbe risultare poco convincente. Insomma, c’è una Regina e addirittura afferma di aver lasciato andare lei Sette di Nove, due anni prima (cioè quando viene recuperata dalla Voyager), anche se non spiega il perché.
L’unica parte spiegata dell’agire regale è il desiderio di avere Sette di Nove al proprio fianco. Non per assimilarla, che di droni senza cervello ce ne sono a miliardi, bensì per sfruttare (non si sa come) l’individualità che Sette di Nove ha sviluppato: pare di capire che la Regina voglia una consigliera, un’alleata, non una schiava. In pratica, credo, viene ripreso lo stesso fumoso e vago obiettivo di First Contact: il desiderio di un proprio pari. Onestamente credo sia un trucchetto narrativo per spiegare come mai i Borg non assimilino velocemente Sette di Nove come fanno con qualsiasi altra vittima.

«Don’t yoy know you’re riding with the Queen» (semi-cit.)
La parte tosta e crudele della vicenda arriva quando Sette di Nove assiste alla fase di assimilazione di “carne fresca”, cioè un gruppo di viaggiatori catturato dai Borg e trasformato nei propri laboratori: urla e carne martoriata creano una scena potentissima e ci fanno capire l’orrore che prova Sette di Nove all’idea di avallare quelle pratiche. La Regina ovviamente sfrutterà questa sua debolezza per cercare di piegarla al proprio volere.
Per nulla disposta ad accettare la sconfitta, Janeway parte con i suoi uomini al salvataggio di Sette di Nove, la quale però saprà gestire da sola la situazione, sfruttando le memorie condivise della Regina contro di lei. Al contrario del film, qui gli eroi si limitano a sfuggire ai Borg e la Regina rimane in vita, pronta per tornare a colpire in futuro.

Per l’occasione risbuca fuori il compression rifle
Come fa notare l’attrice Kate Mulgrew, la storia verte su due madri che si contendono una figlia, e in questa vicenda in cui la Regina Borg e il capitano Janeway fanno di tutto per riavere Sette di Nove, dal passato traumatico, non riesco a non vederci un’altra eco di Aliens infilata da Braga, con la Regina Aliena e il tenente Ripley che si contendono Newt, dal passato traumatico.
La stroncatura di DeCandido
«Parli come un vero individuo.»
la Regina a Sette di Nove
Per il sito Tor.com, appartenente alla nota casa editrice specializzata in narrativa fantastica, Keith R.A. DeCandido – scrittore specializzato in ogni universo narrativo esistente, il cui romanzo Alien Isolation (2019) è una delle poche gioie regalateci dalla Titan Books negli ultimi anni – ha una rubrica in cui dall’inizio della pandemia ha iniziato a recensire tutte le puntate della serie di Star Trek, ed ha bocciato sonoramente questa doppia puntata.
DeCandido in qualità di romanziere è molto più attento del lettore medio ai particolari, alle motivazioni dei personaggi, ai risvolti di trama e alle conseguenze logiche delle azioni: tutti punti in cui, ci spiega con dovizia di particolari, questo episodio è carente. Inoltre DeCandido segnala una discrepanza bella grossa in questo universo molto attento alla continuity.
Il primo incontro con i Borg lo abbiamo nell’episodio “Q Who” (TNG 2×16, 1989) che si svolge nel 2365, mentre qui in Dark Frontier ci viene raccontata la storia della famiglia Hansen che studia i Borg nel 2350: cioè quindici anni prima che la Federazione scoprisse la loro esistenza. Visto che l’esploratore Picard non ha idea di cosa sia un Cubo Borg, come fa quindici anni prima la giovane Annika (futura Sette di Nove) a giocare con un Cubo Borg giocattolo?
L’analisi di DeCandido è spietata e come voto gli dà Warp 2 (credo che il massimo sia 9), ma io ho guardato Dark Frontier con occhi meno “analitici”, e mi è piaciuto anche con tutti i suoi difetti.
La nuova Regina
«Non c’è nessun me, solo noi.»
la Regina a Sette di Nove
Stando alle dichiarazioni di Mitch Suskin, supervisore degli effetti speciali, sul copione dell’episodio c’era scritto «E arriva la Regina Borg, con un effetto speciale spettacolare» (“Cinefantastique”, aprile 2000): facile a scriversi! Tutti i tecnici vogliono realizzare qualcosa di più sorprendente del film, anche se certo i mezzi non sono gli stessi. Il produttore degli effetti speciali Dan Curry crea su storyboard una scena in cui la testa della Regina scende dall’alto mentre i pezzi del suo corpo sono assemblati per accoglierla, sequenza fatta in CGI da John Teska della Foundation Imaging: l’effetto sorprende tutti, che non si aspettavano così tanto con così pochi soldi a disposizione.
«Io non sono la stessa Regina Borg, bensì la nuova Regina dell’alveare»: mette subito le mani avanti l’attrice Susanna Thompson, confessandosi alla giornalista Anna Kaplan per “Femme Fatales” (aprile 2000). «La mia idea è che se loro sono un Collettivo – una mente, una volontà – allora dev’esserci un accesso a quella stessa Collettività di cui faceva parte Alice Krige, perciò le somiglianze ci sono ma noi siamo regine differenti». Mi sembra un po’ un’arrampicata sugli specchi…
Malgrado siano regine diverse, l’attrice si è dovuta adattare ad indossare il costume Borg della collega (sempre con la cura e supervisione di Scott Wheeler), e anche se le due donne condividono un fisico molto simile lo stesso il costume “tirava” in più punti (soprattutto sui fianchi), e dopo intere giornate di riprese, in cui l’attrice era sempre circondata da qualcuno che la toccava in vari modi, l’esperienza si è fatta un tantino fastidiosa.
Una curiosità. Jeri Ryan e Susanna Thompson avevano lavorato insieme all’inizio della loro carriera, nel film televisivo Il giorno del sacrificio (In the Line of Duty: Ambush in Waco, 1993), durante il quale erano diventate amiche. Impegni di lavoro poi le hanno tenute separate a lungo, «perciò è stato molto bello ritrovarmi a lavorare con lei, cioè con qualcuno che già conoscevo».
Per finire, mi piace sottolineare come Rob Bonchune della Foundation Imaging riveli alla rivista “Cinefantastique” (aprile 2000) che la nave della Regina Borg – che qui appare per la prima volta – è stata ideata da Brendon McDougall e Dan Curry.
(continua)
L.
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