Presento il testo dello speciale della rivista specialistica italiana “Game Republic” n. 156 (gennaio 2014) dedicato all’uscita del videogioco Alien: Isolation.
Ecco intanto il redazionale della rivista, a cura dello stesso autore dello speciale.
«Recentemente, il mio caro amico canadese Jason della Rocca, ex direttore esecutivo della International Game Developers Association, ha tenuto al VIGAMUS, il Museo del Videogioco di Roma, una interessante conferenza sul tema dell’importanza del fallimento. Se non si osa, accettando quindi la possibilità di fallire, non si apriranno mai nuove frontiere. Non è affatto una banalità. Pensateci. La reiterazione forsennata dello schema di Call of Duty non è forse l’indizio dì quanto la game industry mainstream spinga di norma in direzione opposta? Anche gli esempi contrari stanno a indicare la validità di questa tesi: se Rare, ai tempi del Nintendo 64, non avesse ignorato l’uscita del film (1995), ritardando il lancio del suo 007 GoldenEye di quasi due anni (1997), non avremmo avuto l’eterno capolavoro ora consegnato alla storia. Ho scelto un caso volutamente sui generis proprio per rendere chiaro quanto il coraggio e l’accettazione del pericolo di sbagliare valgano a trecentosessanta gradi, non solo in termini di scelte di design.
L’opera che vedete sulla copertina di questo numero di “Game Republic”, il nuovissimo Alien: Isolation di The Creative Assembly, è un ottimo esempio. Visuale in prima persona e gameplay survival horror, il tutto sotto l’ingombrante ombra di una storica licenza cinematografica, spesso rivelatasi insidiosa anche per sviluppatori dì comprovato talento. Ci sarebbero stati tanti schemi già pronti e collaudati da copiare, tante strade già esplorate da battere in relativa tranquillità, eppure SEGA ha scelto di rischiare, di mettersi in gioco e di tentare di aprire nuove rotte. Con nostra grande soddisfazione, come scoprirete dal mio servizio all’interno dì queste pagine, sembra che l’esperimento sia sensato, producendo l’effetto di un titolo spaventoso, adrenalinico e, soprattutto, fresco, in grado di trasmettere sensazioni nuove a noi giocatori, ormai abituati a ogni genere di avventura e disavventura.
Non possiamo certo dare un giudizio al gioco e stringere la mano ai ragazzi del team di The Creative Assembly dicendo loro: “Missione compiuta”, poiché molti mesi di duro lavoro separano Alien: Isolation dal suo completamento e dall’uscita, prevista per fine 2014, però possiamo già complimentarci per il coraggio dimostrato sfidando la paura di uscire dal coro e fallire. In questa industria fin troppo satura di pecore e cloni, non è poco.»
Marco Accordi Rickards
Terrore nello spazio
di Marco “Metalmark” Accordi Rickards
da “Game Republic”
n. 156 (gennaio 2014)
Questa volta,
tutti vi sentiranno urlare…
Quando “Game Republic” riceve l’invito da SEGA per assistere alla segretissima presentazione in Inghilterra di Alien: Isolation, nuovo titolo dedicato alla leggendaria saga cinematografica fanta-horror, in redazione nessuno si fa illusioni su chi sarà l’inviato speciale. Alien e Aliens sono la mia religione dal 1979, anno nel quale, ad appena 5 anni, andai a vedere al cinema il primo film, cambiando per sempre il corso della mia vita. Del gioco non si sa nulla, quindi parto estremamente curioso.
Il team di sviluppo è The Creative Assembly, studio storico di Horsham, West Sussex, nato nel 1987 e divenuto celebre nel 2000 grazie al fantastico titolo PC Shogun: Total War. La formula venne poi replicata nel setting medievale e, con ancora maggior successo, in quello dell’Impero Romano, col leggendario Rome: Total War, uscito nel 2004. L’anno dopo, l’acquisizione, abbastanza inaspettata, da parte di SEGA, seguita poi da numerosi altri capitoli di queste serie strategiche. Mi pongo delle ovvie domande. Che sia uno strategico con protagonisti i temibili xenomorfi creati dal genio visionario di H.R. Giger? Personalmente, avendo come mio gioco preferito di tutti i tempi X-COM (tattico a turni nel quale dobbiamo fermare un’invasione aliena) ed essendo un fanatico della strategia, ne godrei in modo irrefrenabile, ma mi sembra strano che SEGA punti così tanto su un genere tutto sommato ridotto a una (pur vasta) nicchia, inoltre la licenza mi sembra poco adatta, almeno agli occhi di un publisher, a questo genere di giochi. Mi metto il cuore in pace e attendo: sarà una sorpresa. Speriamo la più bella e inaspettata. Quello che non immagino è quanto incredibilmente lo sarà…
Nelle fauci dell’Alien
UK, sede di The Creative Assembly. Il momento è giunto. Ci accomodiamo in una saletta dove avverrà il briefing sul gioco e dove quindi, finalmente, sapremo tutta la verità. A seguire, tour dello studio e interviste. Entrando, ho visto la locandina di Alien: Isolation, peraltro davvero bella e in linea col mood della serie. “Alien”, non “Aliens”… e dì conseguenza colore verde, non blu. Personaggio molto somigliante a Ellen Ripley. Mmmm… ok, comincio a farmi delle idee più precise, ma è inutile lambiccarsi oltre. Ci siamo.
Alien: Isolation è un gioco con visuale in soggettiva ma non è uno sparatutto, tanto per mettere subito le cose in chiaro. E, se amate gli acronimi, potreste chiamarlo FPSH: first person survival horror. La scelta del film originale al quale legarsi è del resto più che esplicita: Alien e Aliens, pur essendo i primi due episodi della stessa saga fantascientifica cinematografica, appartengono a generi ben diversi. Se Alien di Ridley Scott (1979) è un horror, Aliens di James Cameron (1986) è un action. Alien: Isolation, puntando tutto sull’aderenza a temi, atmosfere e ritmi della pellicola originale, si propone coerentemente come avventura horror tutta basata sulla furtività e, in ultima analisi, sul vostro disperato tentativo di fuga. Un Dead Space in soggettiva? Oh no, proprio no. Molto, molto di più. Lo scoprirete presto, non temete.
I ragazzi di The Creative Assembly dimostrano di avere subito le idee chiare, per fortuna. E di parlare con grande cognizione di causa. Tanto per cominciare, ci spiegano, nel gioco valgono le stesse regole classiche per costruire un grande film horror: partire piano, descrivere con efficacia il mondo nel quale si ambienta la storia e costruire le relazioni tra i personaggi. Poi irrompe il terrore. Puro, unico, incontenibile. Totale. La formula? Anche qui, quella del film. Un solo alieno come nemico, che spesso non si vede. E che, quando compare, lascia il segno.
Gli sviluppatori sono categorici, nell’illustrare le tre semplici regole di sopravvivenza di Alien: Isolation. Prima regola: l’Alien è letale, la chiave per sopravvivere è il sensore di movimento. Seconda regola: l’Alien vi dà la caccia, usando tutti i suoi acutissimi sensi. Può vedervi e può sentirvi, quindi fate molta attenzione. Infine, terza regola: il vostro obiettivo è sopravvivere, quindi muovetevi piano, con estrema cautela, accucciandovi a terra, nascondendovi e sporgendovi lentamente dalle vostre coperture. Fatelo e, forse, vivrete qualche ora in più. Dimenticate anche sola una regola e sarete carne morta in tempo zero.
Immersione letale
Inutile dire che, a questo punto, il mio interesse è alle stelle. Penso alla release, fissata per fine 2014 su tutte le piattaforme (PS3, 360, PC, PS4 e One), e mi sembra già un’attesa insostenibile… poi ricordo, tutto a un tratto. C’è l’hands on del gioco, proprio oggi. Ebbene si, popolo di “Game Republic”, The Creative Assembly e SEGA hanno deciso che, nonostante Alien: Isolation sia ancora molto distante dall’uscita, l’unico modo per farlo capire e apprezzare davvero sia farlo provare con mano. Mi alzo e mi dirigo alla postazione riservata per la nostra testata: si tratta di una Xbox One equipaggiata con maxi monitor e poltrona che vibra attaccata alla console – in pratica, un rumble da pad in versione avvolgente! Mi accomodo, indosso la cuffia e schiaccio start. Ed è allora che il terrore mi assale, quello stesso terrore che, da bambino, provai nel 1979 sprofondato sulla poltrona del cinema dove vidi il capolavoro dì Ridley Scott.
Sono in un settore della stazione spaziale e guardo il mondo dai begli occhi di Amanda Ripley, figlia di Ellen. Devo solo attraversare l’area e trovare il modo di uscire dalla porta pressurizzata. Però Ripley non è sola, questo mi è chiaro da subito. Avvolto dalla grafica next gen, sono nel mondo di Alien diventato realtà. Ogni singolo stramaledetto dettaglio è lì, a gridare la sua appartenenza all’incubo fanta-horror forgiato da Scott. I neon che vanno e vengono, il bianco sporco di certe stanze, la tecnologia retro da sci-fi anni ’70, il vapore, i macchinari rumorosi e angoscianti… Complici le musiche e gli effetti originali del film, percepisco una immobilità angosciante, la claustrofobica sensazione che qualcosa mi stia spiando, annusando, ascoltando. Cacciando.
Mi acquatto al suolo e mi muovo piano, usando la torcia il meno possibile, voltandomi di continuo, mentre il battito del mio cuore aumenta. Dannazione, non è successo nulla e ho già paura, Lui… lui è vicino. Lo sento. Non ho armi, ma sollevo il rivelatore di movimento. Lo schermo verde flickera un po’ ma funziona bene. Mi sposto furtivo, spostando con la pressione di un tasto dorsale il fuoco visivo dal rilevatore all’ambiente circostante. Non voglio sorprese. Faccio capolino da un’improvvisata copertura e avanzo. Bip… bip… bip… Eccolo, maledizione, deve essere davanti a me, poco spostato a sinistra, oltre quei macchinari che ho appena riattivato. Dove andare, dove? Bip! Si avvicina, il bastardo si avvicina! Mi sposto verso un armadietto e mi nascondo. Spio dalle fessure dell’anta. Ed è allora che lo vedo. L’Alien. Nero, sinuoso e inumano, lo xenomorfo disegnato da Giger è l’incarnazione della paura atavica, un concentrato di muta ferocia e puro istinto predatorio. Alto tre metri, l’Alien di Isolation è reso come non lo è mai stato in un’opera interattiva. Mi tiro indietro con lo stick e trattengo il fiato con il dorsale mentre passa davanti al mio rifugio, protendendosi verso di me. Sono fottuto, penso. Invece no, si allontana.
Aspetto qualche secondo e apro, spostandomi verso la porta che mi condurrà a una temporanea salvezza. Un passo, poi un altro. Sì, è vicina, posso farcela. Ma è la speranza a tradirmi. Vista la meta così prossima mi alzo in piedi e cammino spedito. Bip, bip, bip! Oh Signore, mi ha visto! Mi volto e lo vedo, viene verso di me… corro anch’io in preda al panico, dirigendomi verso la porta… la vibrazione mi avvolge, il rumore è assordante… Forse posso – ah!
Lo sguardo inclinato verso il basso mi mostra la coda dell’Alien che trafigge il mio corpo, sollevandomi da terra. Poi immagini concitate… le sue fauci che grondano acido… GRIDO! Poi il buio. Vuoi ripartire dal checkpoint? Respiro, stendo le gambe. Sono sudato ed è inverno. Sento ancora in corpo l’adrenalina. E il forte sapore di un capolavoro annunciato.
Debriefing
Completo la demo, breve (circa un’ora di gioco, a ritmo lento) ma intensissima, e mi dedico allo studio tour, in attesa dì scambiare quattro chiacchiere con due membri del team, tra cui il direttore creativo. Ho modo di constatare quanto lavoro ci sia dietro il gioco e che attenzione alla qualità The Creative Assembly stia riservando a questo prodotto, che SEGA vuole perfetto. L’Alien, come scrivevo, è strepitoso. Grande, veloce e letale, è dotato di oltre 70 animazioni esclusive e di una I.A. sofisticata che gli permette di navigare l’ambiente in modo credibile e imprevedibile, dandovi la caccia come il perfetto predatore che è. Visivamente, poi, il gioco è pazzesco, e non solo tecnicamente. Artisticamente, infatti, il team ha lavorato sull’estetica del film del 1979, partendo dalla sua visione lo-fi della fantascienza, sporca, rumorosa e mai nitida e perfettamente funzionante.
Tutto parte dal film, tutto, simboli e segnali inclusi. E ogni elemento del film è espanso in aree più vaste e complesse, ma sempre coerenti con l‘art direction del team di Rìdley Scott. In questo, lo studio di The Creative Assembly è meticoloso al limite del maniacale, anche a livello sonoro. Pensate che il team è andato a recuperare negli archivi della Fox dì Los Angeles le registrazioni originali degli effetti sonori della pellicola. Il risultato, però, è sbalorditivo, con un armamentario auditivo che da solo è in grado di portarvi ai limiti di tensione sostenibili. In conclusione, Alien: Isolation sembra davvero l’incubo a occhi aperti di ogni fan di Alien o, più semplicemente, di atmosfere survival horror. Questo non è un FPS. E neanche un gioco come tanti. Questa è potenzialmente l’esperienza definitiva in campo di terrore interattivo. E credetemi, stavolta nello spazio tutti vi sentiranno urlare.
Nelle fauci del team
Per riprenderci dal terrore, ci siamo seduti a parlare con Jon Mckellan, responsabile dell’interfaccia, e Alistair Hope, direttore creative. Lottando contro bocche cucite e argomenti tabù, ecco che cosa abbiamo scoperto.
Questo titolo è strettamente collegato al film “Alien”. Potete rivelarci qualcosa in più della trama del gioco?
Alien: Isolation è ambientato quindici anni dopo la scomparsa della Nostromo. Volevamo che fosse strettamente connesso al film di Ridley Scott. La protagonista è Amanda, la figlia di Ellen Ripley, che vuole assolutamente sapere cosa è accaduto a sua madre, e perché la Nostromo sia apparentemente sparita nel nulla in seguito al suo viaggio. Nella storia, viene ritrovata la scatola nera della nave, proiettata nello spazio prima della sua autodistruzione, e quindi viene inviato un gruppo di volontari a recuperarla, in una stazione spaziale remota. Ma non tutto è come dovrebbe essere, e la figlia di Ripley si ritroverà dunque ad affrontare lo stesso tipo di orrore di fronte al quale si era trovata quindici anni prima sua madre.
A quanto pare, durante la passeggiata nello spazio di Amanda dalla nave alla stazione succederà qualcosa, per cui il giocatore si ritroverà isolato all’interno del complesso.
Sì, è così: nel corso del passaggio, un certo evento costringerà la protagonista, e di conseguenza il giocatore, a ritrovarsi sola all’interno della stazione spaziale.
Ma Amanda resterà sempre sola per tutto il gioco oppure avremo modo di interagire con altri esseri umani?
No, ci sarà anche modo di interagire con gli abitanti della stazione spaziale, sebbene non siano molto numerosi. Questi incontri e l’interazione che ne seguirà permetteranno a! giocatore di scoprire man mano qualcosa di più sulla trama.
Il gameplay cambierà molto nei punti del gioco in cui interagiremo con altri personaggi umani?
Oggi vi abbiamo fatto provare una delle parti del gioco che ci piacciono di più, in cui abbiamo voluto sviluppare l’elemento di puro terrore nel contatto con l’alieno, e la necessità di sfuggirgli, seguendo in pieno gli stilemi del primo Alien, ma in Alien: Isolation ci saranno anche altri elementi e altre esperienze. Ovviamente, abbiamo sentito la necessità di inserire la tensione e l’angoscia che si provavano nel film, ma man mano che il giocatore proseguirà nel gioco, avrà accesso ad altri strumenti e a situazioni differenti che gli permetteranno di variare l’esperienza. Le situazioni che si troverà a vivere, insomma, saranno piuttosto variate, in modo da mantenerlo sempre interessato.
Approssimativamente, quanto durerà il gioco?
Dipende: i giocatori tendono a reagire diversamente e comportarsi in modo differente di fronte alle situazioni in cui si troveranno coinvolti. In vari casi, i giocatori si sono immersi così profondamente nel mondo, effettivamente pieno di dettagli, che abbiamo creato da metterci molto più tempo del previsto a completare l’esperienza, divertendosi a esplorarlo a fondo. Anche per quanto riguarda l’interazione con l’alieno, la gente tende a reagire in modi diversi, ad adottare differenti stili di gioco, ma di solito il ritmo in quelle sezioni rallenta, il giocatore non rischia e tende a diventare cauto e attento. In verità, a questo punto non sapremmo dire quanto tempo ci vorrà, in media, per concludere l’intero gioco dall’inizio alla fine, ma quello che possiamo dire è che non sarà di certo un’esperienza troppo breve. Di certo stiamo parlando di più di una decina di ore di gioco.
“Alien: Isolation” è unicamente un gioco single player, vero?
Sì, esatto. Del resto, essendo un’esperienza di gioco che vuole ricreare la sensazione di essere soli e isolati, doveva per forza essere single player, non avrebbe avuto senso altrimenti. La presenza di altri personaggi mossi da giocatori umani avrebbe distratto totalmente da questo feeling, e non volevamo assolutamente che accadesse. Avete affermato che siete intenzionati a seguire le regole dei grandi classici della fantascienza, quindi cominciando con un ritmo più lento e facendo crescere la tensione.
Possiamo aspettarci un inizio simile a quello di “Half-Life”, in cui il protagonista semplicemente andava in giro per la struttura come se non dovesse succedere nulla, prima che la storia avesse il suo drammatico colpo di scena?
Sì, effettivamente riteniamo che sia fondamentale, in questo tipo di gioco, permettere al giocatore di conoscere il mondo in cui andrà a muoversi, introdurlo in questo mondo gradualmente, e far crescere lentamente la tensione, senza gettarlo da subito nel mezzo dell’azione. Questo gioco si fonda sull’anticipazione, sul mistero, sul fatto di non sapere cosa ti aspetta dietro l’angolo. Quindi non dovrà essere percepito come lento, ma propria dare un senso di tensione crescente, come accade nei film di questo tipo.
II nemico è davvero un solo Alien?
Sì, è propria quello che abbiamo voluto ottenere, collegandoci profondamente al primo film. Nei giochi precedenti, l’esperienza era fondamentalmente quella di mettere il giocatore contro un’orda di alieni, dotandolo delle armi giuste per difendersi e combattere. Noi invece abbiamo cercato di costruire tutt’altra esperienza: vogliamo infatti mettere il giocatore nelle condizioni di dover sopravvivere a un singolo, letale alieno, troppo forte per affrontarlo a viso aperto.
Avremo la possibilità di incontrare altre forme dello sviluppo dell’alieno, come per esempio il facehugger?
No, in realtà quando il giocatore raggiunge la stazione spaziale, l’alieno è già nel suo pieno sviluppo, quindi, a differenza di quanto accaduto a Ripley nel film originale, non ci sarà in questo caso un incontro con la forma “neonata” della creatura. Sarà compito del giocatore svelare il mistero della presenza dell’alieno a bordo della stazione spaziale, cosa che avverrà andando avanti nel gioco.
Potremo interpretare anche altri personaggi, nel corso del l’avventura, o impersoneremo unicamente Amanda Ripley?
Ci siamo voluti concentrare sulla storia di Amanda e sulla sua ricerca della madre scomparsa, quindi sarà lei la protagonista assoluta della vicenda, e il giocatore si calerà unicamente nei suoi panni.
Nello scoprire gli eventi che sono accaduti sulla stazione spaziale, avremo per caso modo di rivivere i ricordi di qualcuno giocando nei suoi panni?
Sicuramente sulla stazione spaziale c’è molto da scoprire, e abbiamo cercato di renderla un luogo che il giocatore voglia esplorare da cima a fondo per capire effettivamente nei dettagli gli eventi che l’hanno vista protagonista. Quindi abbiamo disseminato la stazione di informazioni e misteri da scoprire, sia sotto forma di situazioni ambientali che di personaggi da incontrare e da cui farsi raccontare qualcosa di quello che è accaduto: il giocatore, impersonando unicamente Amanda Ripley, potrà comunque scoprire moltissime informazioni sul mondo di gioco e sugli eventi che lo hanno condotto lì.
Cosa potete dirmi riguardo a strumenti ed eventuali armi presenti nel gioco? Sappiamo che non si può uccidere l’alieno, ovviamente…
Più che altro, ci siamo concentrati sugli strumenti, sulle risorse a disposizione del giocatore, sugli oggetti che il giocatore potrà trovare in giro, prendere e utilizzare per sopravvivere e sfruttare a proprio favore gli ambienti che si troverà ad attraversare. Quindi si potranno utilizzare in diversi modi singoli strumenti, o mettere insieme degli oggetti per costruire qualcosa di utile nelle varie circostanze.
Potremo aspettarci anche qualche brutto incontro a prescindere da quelli con l’alieno, come capitava per esempio con il personaggio di Ash, il sintetico ostile del primo film?
Come abbiamo detto, sulla stazione spaziale ci sono altri sopravvissuti, e stiamo parlando di gente disperata che cerca di resistere a un orrore senza nome, quindi le loro reazioni ai diversi eventi che accadranno saranno differenti, e potrebbero anche portare a conseguenze negative per il giocatore. Del resto, uno degli aspetti più interessanti del film stava proprio nella tensione crescente tra i personaggi umani, che diventavano sempre più aggressivi tra loro e paranoici, man mano che la situazione precipitava sempre di più. È un aspetto che abbiamo voluto esplorare, chiedendoci cosa succede alla gente quando si trova in condizioni disperate, in cui è costretta a fare scelte anche tragiche per poter sopravvivere.
E per quanto riguarda la difficoltà? Si potrà scegliere tra diversi livelli? Ci sarà un modo per aiutare il giocatore bloccato in una certa sezione?
Va detto che ci troviamo di fronte a un’esperienza nuova… lo è anche per noi, quindi trascorreremo parecchio del tempo che ci rimane per lo sviluppo del gioco a osservare il modo in cui la gente affronterà il gioco e come sarà in grado di giocarci. Tutt’ora possiamo dire che stiamo imparando ogni giorno qualcosa di nuovo su questo aspetto, e quindi sul livello di difficoltà e sulla curva d’apprendimento del gioco. Stiamo lavorando ovviamente ai livelli di difficoltà e stiamo cercando una soluzione che ci soddisfi, perché vorremmo che l’esperienza di gioco fosse simile per tutti, e non vogliamo che la gente non si diverta: l’esperienza deve essere si terrificante, ma anche eccitante ed esaltante, per i giocatori. Stiamo cercando di trovare il giusto equilibrio tra queste due emozioni.
Preoccupano un po’ i checkpoint, che sembrano piuttosto distanziati tra loro. Nei giachi basati sulla narrazione, dover ripetere troppe volte la stessa sezione può spezzare la tensione e la connessione del giocatore con la storia…
In questa fase dello sviluppo, la nostra maggiore preoccupazione è proprio quella dì ottenere quante più informazioni possibili sul modo di affrontare il gioco e su come renderlo un’esperienza equilibrata. Non abbiamo alcuna intenzione di creare un gioco punitivo, anzi… vogliamo che i giocatori si divertano dall’inizia alla fine e non lo trovino frustrante, senza però renderlo troppo facile. È una questione di equilibrio, e ovviamente stiamo cercando di posizionare i checkpoint nei punti adeguati, così da non rendere frustrante il gioco in caso di morte del personaggio.
Al momento, quando si consulta la mappa, l’azione si ferma: essendo questo un gioco basato soprattutto sulla tensione e la paura, non avete pensato invece alla possibilità di lasciare che tutto accada in tempo reale, compreso il controllo della mappa, senza “congelare” l’azione, un po’ come avviene in “Dead Space”?
Sicuramente questo è un aspetto su cui stiamo riflettendo, e quello che avete visto oggi non è la decisione definitiva in merito. C’è anche da dire che il gioco non va in pausa quando si selezionano gli oggetti da usare, mentre per il momento abbiamo preferito mettere in pausa quando si consulta la mappa perché riteniamo che sia più utile al giocatore semplicemente per capire dove deve andare per proseguire nel gioca, quindi farlo mentre si è nel panico non ci sembrava il modo migliore per sfruttare questa caratteristica. Sicuramente ci penseremo e scopriremo nel corso dei test quale sarà la scelta migliore per noi, così da prendere una decisione definitiva in merito.
Parlando della connessione con il film, Fox vi ha permesso di espandere la trama ufficiale, magari con informazioni riguardanti i personaggi o le situazioni narrate nel corso della serie, ma mai raccontate nei film?
In realtà, a noi importa molto restare nella trama della serie, senza modificarne gli eventi e attenendoci a quello che tutti i fan possono riconoscere come “giusto”: non vogliamo che nessuno possa dirci, appunto, di aver modificata o travisato la trama della serie. Non è un caso che abbiamo scelto un periodo di tempo di cui nessuno ha mai parlato nella serie, quel momento in cui Amanda è viva e sua madre è ancora dispersa nello spazio, e in cui abbiamo potuto esplorare una parte della storia mai narrata prima.
La differenza tra le versioni old e new gen del gioco è solo in termini di grafica, o anche dì gameplay?
L’esperienza di base, su tutte le piattaforme, sarà la stessa, per lo meno per quanto riguarda il gameplay. Poi ovviamente sulle piattaforme di nuova generazione si potrà approfittare della maggiore potenza grafica e di un’esperienza più immersiva e di fatto migliore, più fluida e spettacolare, questo è chiaro.
L.
– Ultime riviste:
[2000-02] Walter Hill su “Cinefantastique” - Traduco un passaggio di un'intervista a Walter Hill in cui parla brevemente della saga di Alien, argomento che non ama affrontare.
[2022-09] Prey su “SFX” 356 - Traduco la recensione del film Prey (2022) apparsa sulla rivista specialistica "SFX" n. 356 (settembre 2022) a firma di Neil Smith.
[2022-10] Prey su “Empire” 406 - Traduco la recensione del film Prey (2022) apparsa sulla rivista "Empire" (UK) n. 406, ottobre 2022, a firma di James Dyer.
[1991-01] Predator 2 su “Starlog” 162 - Traduco l'articolo che la rivista "Starlog" dedica a Kent McCord, divo del piccolo schermo che va ad arricchire il campionario dei personaggi di contorno di Predator 2 (1990).
[1992-06] Predator 2 su “Game Zone” 8 - Traduco l'anteprima britannica di un videogioco nato non certo senza parecchi problemi.
[2022-08] Prey su “SFX” 355 - Traduco il lungo spazio che questa nota rivista specialistica dedica alla "cacciatrice" di Disney+.
[1996-01] James Cameron su “Starlog” 222 - Per festeggiare il compleanno di Jim Cameron traduco una sua intervista all'epoca del suo ultimo vero impegno nel fantastico.
[1990-12] Predator 2 su “Starlog” n. 161 - Traduco questo ricco speciale della rivista specialistica "Starlog" dedicato all'uscita in patria del film Predator 2, con interviste a regista e sceneggiatori.
[2010-12] Alien Saga su “Home Cinema” - La rivista di recensioni di film e tecnologia home video infarcisce questo numero di foto e recensioni aliene.
[2000-08] Commenti sagaci alieni su “Starlog” 277 - Sul numero di agosto 2000 della rivista "Starlog" trovo una deliziosa "vignetta aliena" che propone alcuni "commenti sagaci" fra cui il lettore può scegliere il giorno che si ritroverà inseguito da uno xenomorfo.
Se solo il cinema alieno fosse ancora capace di lavorare con pari competenza e entusiasmo…
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L’ultima volta che il cinema alieno ha lavorato con pari entusiasmo, attenzione per i particolari e rispetto per i predecessori è stato per “Alien vs Predator 2”: non è andata bene… 😛
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L’importante è imparare dai propri errori: infatti, dopo il flop di “Alien vs Predator 2” sono stati richiamati all’opera i maestri e da allora il cinema alieno ha fatto… ha fatto… ecco, lasciamo perdere 😛
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