[1986-07] Lance Henriksen su “Fangoria” 55

Traduco questo articolo apparso sulla rivista specialistica “Fangoria” numero 55 (luglio 1986).


Gunning for Aliens

di Adam Pirani

da “Fangoria”
numero 55 (luglio 1986)

L’attore Lance “Omen II” Henriksen sbarca
su un pianeta di facehugger e chestburster
nell’esplosivo seguito di James Cameron

«Seguiamo tutti la nostra tabella di marcia», dice Lance Henriksen, meglio noto per La maledizione di Damien (Omen II, 1978) e Uomini veri (The Right Stuff, 1983), il cui tempo è arrivato. Con il ruolo dell’androide Bishop in Aliens la carriera di Henriksen sta facendo un passo in avanti da ruoli da caratterista, e dal recitare in scene che poi finiscono sul pavimento della sala di montaggio.

Henriksen si è presentato ai Pinewood Studios di Londra anche se è il suo giorno libero, giusto per guardare le riprese della scena della dropship. Ha adorato lavorare ad Aliens ed è qui per vedere come finiranno le riprese iniziate ieri.

Il coinvolgimento dell’attore nel seguito di Alien è iniziato con la sua amicizia con il regista e sceneggiatore James Cameron, i cui precedenti film Terminator (1984) e Piraña Paura (Piranha Part Two: The Spawning, 1981) vedono anch’essi la partecipazione dell’attore. «Siamo amici anche fuori dal lavoro», spiega Henriksen. «Ci siamo incontrati in un ristorante cinese e Jim mi ha dato la prima stesura di Aliens: era assolutamente sorprendente, così buono che era già pronto per essere girato. E poi iniziammo a parlare dei vari personaggi.»

Henriksen ricorda una curiosità dal passato, che prova come mai lui fosse perfetto per il ruolo dell’androide. «Originariamente dovevo fare io Terminator, cioè dovevo essere il robot», rivela. «Anche lì c’era una grande storia. Andai alla [casa produttrice] Hemdale e Jim fece in modo che arrivassi una mezzoretta prima, presentandomi vestito come un Terminator.»

«Mi misi sui denti della carta dorata, mi impomatai i capelli tutti all’indietro e indossai una maglietta da punk, con giacchetto di pelle e stivali alti fino alle ginocchia. Facevo davvero la mia figura: ero davvero una persona spaventosa da vedere in una stanza.»

«Aprii la porta con un calcio, al mio arrivo, e la segretaria si chinò dietro la macchina da scrivere. Poi entrai nella stanza del produttore.»

Mi sedetti davanti a lui senza dire una parola, limitandomi a fissarlo: era pronto a gettarsi dalla finestra! Disse qualcosa e dissi qualcosa anch’io, ma tutto ciò che usciva dalla mia bocca sembrava spaventarlo ancora di più.»

«Be’, la Orion voleva un nome famoso e volevano Arnold Schwarzenegger. Non mi sono sentito scalzato neanche un momento, perché negli anni ho imparato a conoscere questo mondo, e volevo vedere Jim fare quel film tanto quanto volevo parteciparvi. Così nessun rancore. Poi uscì un altro ruolo nel film e Jim disse: “Vuoi interpretare uno dei poliziotti?” e io: “Puoi scommetterci”.»

«Quando è uscito fuori questo androide in Aliens, io e Jim avevamo un debito karmico e io volevo davvero interpretare questo genere di personaggio, perché avevo delle idee su cosa pensasse un tipo simile.»

«Se avessi fatto Terminator sarebbe stata una parte completamente diversa. Non sarebbe stato un personaggio fisico ma più mentale: forte e potente, ma non così gigante. Potente perché sai quanto possa essere potente un sistema idraulico.»

La perdita del ruolo da protagonista in Terminator non ha smorzato l’entusiasmo di Henriksen nell’affrontare la sfida di Aliens. Bishop è parte del gruppo – comprendente undici Colonial Marines – che accompagna Ripley (Sigourney Weaver) nel suo ritorno sul pianeta alieno, dove una nuova colonia umana ha interrotto i contatti con la Terra. Al contrario dell’androide Ash (Ian Holm) in Alien, limitato secondo Henriksen perché minacciava senza fare molto altro, Bishop è un modello più avanzato, un personaggio più sfaccettato.

«L’ho presa a livello personale: con Bishop è stata la prima volta in cui avevo un ruolo per cui sapevo perfettamente fin dove potessi spingermi», spiega l’attore. «Non mi è mai capitato prima di interpretare un innocente, pur se io un po’ mi ci sento. È stata una grande sfida perché non mi piace essere considerato un caratterista: è successo negli ultimi film e ho subito cambiato direzione.»

«In Quel pomeriggio di un giorno da cani (Dog Day Afternoon, 1975) e ne La maledizione di Damien (Omen II, 1978) interpreto degli assassini o comunque qualcuno di tosto: in me sento di avere una parte di innocenza che non mi fa amare questi ruoli. Non sto parlando di qualcosa come Pollyanna, ma innocente nella visione della vita.»

Henriksen aggiunge che Cameron aveva in mente una visione più meccanica. «Jim ha sempre avuto una passione per gli androidi. Se non fosse un regista così attivo sarebbe diventato sicuramente un attore», dice Henriksen. «All’epoca non era molto espressivo, non come un attore: lui ama gli attori perché loro sanno esserlo. Nella sua vita lui agisce in altri modi. Quindi ha questa passione per gli androidi e i robot perché è una parte di lui che ama studiare.»

Il rapporto che ha con Cameron ha convinto l’attore che «ci siamo incontrati nel momento giusto. Io avevo bisogno di fare questo ruolo, proprio ora. Ero contento che mi si vedesse – anche se sotto forma di androide – come qualcosa di più umano rispetto ai personaggi che mi è stato chiesto di interpretare in passato. Non è paradossale?

«Perciò ho molto apprezzato la possibilità e ho lavorato duramente. Ho ricevuto il copione tre mesi prima che iniziassero le riprese ed ho iniziato a lavorarci, impiegando tutto quel tempo. Sono andato da Jim con delle idee a raffica così da capire in quale direzione andare: non rimpiango nessuna delle idee poi scartate.»

Henriksen non è l’unico attore da Terminator che appare anche in Aliens. Michael Biehn è il caporale Hicks e Bill Paxton, che era un punk all’inizio del film di Cameron, interpreta Hudson.

Recitare al fianco di Sigourney Weaver, l’unico attore a tornare da Alien, si è rivelato essere un’esperienza gratificante.

«Io e Sigourney siamo stati davvero contenti», osserva Henriksen. «Lei ha iniziato a capire di più Ripley, con questo film. È molto interessante il modo in cui parla di questo film come se Alien non fosse mai esistito.»

«Sta scoprendo nuovi aspetti di Ripley che il precedente film le aveva negato, il che è incredibile. È davvero un tributo alla capacità di scrivere di Cameron.»

Ripley (Sigourney Weaver) e Bishop (Lance Henriksen), due dei pilastri di Aliens

«Credo che la cosa migliore di tutto questo», dice Henriksen riguardo ad Aliens, «è che non sarò tagliato via dal montaggio finale. Ho fatto molti film negli ultimi dieci anni dove il montaggio ha semplicemente tagliato via le mie parti. Certo, non erano personaggi centrali, quindi se qualcosa doveva essere tagliato erano i primi ad esserlo. Aliens è di enorme beneficio per un attore come: sono conosciuto solo se mi si vede in giro, e questa sarà una possibilità che voglio godermi.»

«Questo è il mio terzo film con Jim. Ho dovuto fare un’audizione per tutti, non è che mi ha chiamato e basta. Mi sono dovuto presentare con qualcosa che davvero servisse al film: altrimenti non avrei voluto farli, e lui non mi avrebbe voluto. Quindi è stato un grande rapporto.»

La loro collaborazione è iniziata essenzialmente per caso, quando Cameron stava preparando il suo primo film, il piccolo Piraña Paura. «Jim aveva un produttore con cui io avevo già lavorato in Italia», spiega Henriksen. «Ero il protagonista di uno dei suoi film horror, Stridulum (The Visitor, 1979), e mi ha proposto a Jim. Così Jim ha visto quel film e ha deciso che sarei stato perfetto per la sua pellicola.»

Attori e tecnici sono scesi in Giamaica per girare il veloce seguito del film di Joe Dante, un successo della New World Pictures. Henriksen non ha incontrato Cameron finché non si sono visti sulla location tropicale.

«Era il primo film di Jim e a quell’epoca era già in pratica com’è ora», ricorda l’attore. «Cambiò il copione e lo migliorò, ideò tutti gli effetti speciali del pesci dormendo solo tre ore per notte: era ossessionato dal suo lavoro, non ho mai visto qualcuno come lui.»

In quello che è indubitabilmente il più grande film di piraña volanti mai girato, Henriksen ha il ruolo di Steve, capo della polizia dell’isola caraibica che finisce preda dei pesci carnivori ideati da Cameron. Sebbene i pesci non fossero reali, alcune riprese sono state rischiose. «Mi sono rotto una mano saltando da un elicottero», ricorda Henriksen. «Ho fatto un salto di circa un metro nell’oceano per salvare i miei figli nel film. Non c’erano controfigure quindi saltai da questo elicottero: una delle mie mani sbatté contro una delle ginocchia e si ruppe: ho finito il film con una mano ingessata.»

Altri aspetti della produzione di Piraña Paura sono stati meno fisicamente dannosi ma più artistici. I produttori, dice Henriksen, continuavano a creare nuovi problemi. «Poteva capitare che si presentassero sul set con due nuove pagine piene di dialoghi, monologhi e roba varia quindici minuti prima di girare una scena. Non era colpa di Jim, semplicemente i produttori lo stavano strizzando ricattandolo: “Ti daremo altri cinque pesci volanti se farai dire agli attori questo…” Era tutto così.»

«Quando lo montarono a Roma, chiusero fuori Jim e lui dovette intrufolarsi di notte, rimontare tutto e sperare che non si accorgessero delle modifiche. È successo davvero! Si accorsero di qualcosa ma non di tutto. Jim è così: tenace.»

Prima di questi racconti di pesci, Henriksen è nato a New York City e ha vissuto un’infanzia piena. All’età di 13 anni ha vissuto per tre anni con dei parenti in Borneo, un’isola fra le Fiji e la Malesia, e ha girato l’America in autostop.

L’Henriksen adulto ha iniziato la carriera hollywoodiana nei primi anni Settanta. Sono seguiti piccoli ruoli in Quinto potere (Network, 1976) e Il principe della città (Prince of the City, 1981). Ne La maledizione di Damien interpreta il diabolico sergente Neff, un parente satanico che aiuta a crescere il giovane Anti-Cristo (Jonathan Scott-Taylor). Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977) è un altro film in cui la parte di Henriksen è stata pesantemente tagliata. Ma una delle sue prove attoriali sopravvissute in post-produzione è stata nel film horror ad episodi Nightmares. Incubi (1983), dove nell’episodio “The Benediction” interpreta un prete in crisi di fede.

«Per me Nightmares è stato un film speciale da fare», confessa l’attore, «perché era una delle prime volte che non interpretavo un cattivo. È stato qualche tempo fa, e da allora ho ottenuto di lavorare in film dove non faccio il cattivo, come Doppio taglio (Jagged Edge, 1985), e ne sono davvero contento. Ho avuto la possibilità di dare di più rispetto al solito cattivo.»

I produttori di Nightmares originariamente avevamo immaginato la loro antologia come una serie televisiva, finché poi la Universal ha deciso di portare il film al cinema: malgrado la stroncatura della critica e l’insuccesso al botteghino, Henriksen comunque sente che il regista meritava di più.

«L’ironia della cosa è stata che Joe Sargent, che è davvero un bravo regista televisivo, non ha mai avuto la possibilità di fare un film: ogni volta che faceva un prodotto televisivo, lo distribuivano in sala, sebbene le due realtà abbiano linguaggi differenti. È un ragazzo con cui è un piacere lavorare ed è stato il mio primo ruolo da protagonista in una produzione televisiva. L’abbiamo girato in sedici giorni.»

Oggi, con un ruolo importante in Aliens, la carriera di Lance Henriksen sta salendo di livello. «Mi sento come un musicista la cui musica inizia a sfondare, è tutto ciò che posso dire. Ne sono davvero felice.»


L.

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