Continuano le ultime vergogne della Dark Horse Comics, che in fretta e furia sta gettando fuori bordo la zavorra di Aliens e Predator prima che i marchi passino alla Marvel, dal gennaio 2021.
Era addirittura febbraio 2020 quando la casa ha preannunciato un ulteriore capitolo di una saga che non riusciva a finire in modo soddisfacente neanche il primo: Predator: Hunters III. L’uscita di questa inutile serie immagino sia stata fissata ad un numero ogni dieci mesi, tanto da anni è questa la cadenza che la Dark Horse dedica ad un universo che palesemente disprezza, poi è arrivato il COVID-19 e tutto si è fermato: a novembre è uscito in fretta e furia il volume TPB con tutta la storia, che da mesi e mesi era ferma al numero due.
A tirare le fila della saga c’è sempre Chris Warner, fra i più storici disegnatori della casa e in seguito editor prolifico: passare alla sceneggiatura non credo sia stata una buona idea.
Ai disegni c’è Brian Thies, che abbiamo già incontrato nell’universo alieno per Predator: Life and Death (2016) ed Aliens vs Predator: Life and Death (2016).
Ritroviamo il gruppo di sopravvissuti agli scontri con i Predator guidato da Jaya Soames, nipote del capitano Edward Soames incontrato in Predator: Nemesis (1997). Insieme ad Enoch Nakai, il mitico protagonista di Predator: Big Game (1991), e Mandy Graves, unica sopravvissuta di Predator: Bad Blood (1993), il gruppo ritrova Raphael Herrera, personaggio del primo Hunters che credevamo morto.
Raccontato brevemente come sia sopravvissuto, sebbene con molti aspetti misteriosi che plausibilmente verranno spiegati in seguito, ci spostiamo tutti in Belize (Centro America) dove uno scontro fra trafficanti è il terreno perfetto per una nuova stagione di caccia.
Intanto un gruppo di escursionisti si immerge per raggiungere alcune grotte sottomarine usate migliaia di anni prima dai Maya, scoprendo così che qualcun altro le sta usando come tana. Anzi… come sala dei trofei.
Arrivano i padroni di casa e massacrano gli intrusi – senza alcun pathos, tanto queste storie ormai sono buttate via – però sembra di notare una certa tensione fra Predator: i due guerrieri per caso sono in competizione per la caccia?
Intanto il nostro gruppo di sopravvissuti acquisisce un nuovo membro, e visto che alla Dark Horse non sanno più cosa inventarsi calano l’asso: entra in scena Schaefer, che per l’occasione ottiene il nome di battesimo John.
Fratello del Dutch del film Predator (1987), Schaefer è ben noto ai vecchi amanti dei fumetti di Predator, in quanto protagonista della Trilogia di Verheiden: Heat (1989), Cold War (1991) e Dark River (1996), con relativi romanzi-novelization per i primi due casi.
E a questo punto, perché non chiamiamo anche Valentina Ligachev, la soldatessa sovietica di Cold War? Pronta!
Va be’, e da Predator 2 (1990) vogliamo citare qualcosa? Su, che è facile…
Si parte tutti per il Belize e ci si immerge nei pressi dello Yucatán perché Schaefer si sente che lì ci sono i Predator, mentre la Ligachev e i suoi mercenari raggiungono lo stesso posto da terra: i due gruppi si incontrano alle antiche piramidi Maya, dove i due cacciatori spaziali si sono asserragliati, collezionando teschi e litigando tra di loro. Perché litigano? Boh…
Uno di loro adotta l’equivalente alieno della tecnica “mo’ me ne vado e porto via il pallone”, così chiama la nave-madre, e ne nasce uno scontro con il compagno cacciatore immagino per questioni d’onore. Uno dei due muore, arriva la nave, se li carica entrambi, l’unico umano presente viene lasciato in pace perché è un fratello in Cristo e finisce la scena. Oh, quando vi viene voglia di spiegarci qualcosa fatelo pure, eh?
Intanto la Dark Horse a sorpresa si riaggancia al film sbagliato, cioè al The Predator (2018) di Shane Black, che purtroppo ha creato più universo narrativo di quanto il buon gusto vorrebbe. Così esce fuori che il redivivo Herrera in realtà è entrato nel gruppo Stargazer – i “cattivi” che vogliono mettere le mani sulla tecnologia aliena – e quindi è tornato fra gli Hunters solo per spiarne i movimenti e arrivare a mettere le mani sui Predator.
E quindi ora… e quindi ora FINE.
Un’altra nuova buffonata della Dark Horse: per fortuna la casa non metterà più le sue luride manacce sui Predator, e la Marvel dovrà impegnarsi duramente per poter fare peggio, semmai sia umanamente possibile.
Chiudo con la cover gallery:
- Cover di Brian Thies
- Variant Cover di Andy Brase
- Cover di Brian Thies
- Variant Cover di Jonathan Wayshak
- Edizione TPB (novembre 2020)
L.
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No, l’esperienza recente insegna che non ci possiamo più fidare dei secondi numeri… 😦
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